Psicopatologia della poesia
a cura della Dottoressa S.

Con questo articolo inauguriamo la rubrica dedicata alla salute mentale dei poeti. La rubrica a cura della Dottoressa S. ci accompagnerà nei prossimi mesi con l’intento di portare conforto e benefici agli spiriti più ardenti.

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Sebbene ancora sottovalutata a livello mediatico, la poesia ha iniziato negli ultimi anni a destare l’interesse dei clinici per la sua sempre più massiccia diffusione. Se un tempo consideravamo i poeti come qualcosa di molto lontano dalla nostra esperienza quotidiana, relegati in mondi remoti e sconosciuti, al giorno d’oggi a quasi tutti noi è successo di venire in contatto, almeno una volta, con un poeta.

La poesia oggi è considerata per lo più un sintomo, un po’ come l’ansia, non sufficiente di per sé a ipotizzare un inquadramento diagnostico. Si tratta di un segnale che può nascondere problematiche di vario genere e gravità.

La poesia si manifesta generalmente durante l’adolescenza, anche se sono sempre più frequenti esordi in età adulta, anche dopo i trent’anni.

Tra gli adolescenti può essere considerata una forma di sublimazione sana e normale degli impulsi sessuali che turbano la psiche e l’equilibrio dei giovani. È utile tuttavia fare una distinzione tra un esordio improvviso e repentino e un esordio più subdolo, sottotraccia. Nel primo caso, paradossalmente, il sintomo sembrerebbe meno grave. Si tratta di quei casi di adolescenti che trovano un modo per dare forma a una fragile identità ed essere riconosciuti dal gruppo. Questi poeti non nascondono la loro patologia, ne fanno anzi un punto di forza, come coloro che indossano vestiti bizzarri, assolutamente non consoni alla società civile. In questi casi, una volta terminate le rime con sole, cuore e amore, la malattia ha una remissione spontanea.

Diverso è il caso di quei ragazzi che inizialmente non mostrano segni particolari, ma a posteriori nelle loro vite si rileva un’ossessione per la letteratura, la filosofia, il cinema, talvolta persino la politica. Questi adolescenti iniziano ad avvicinarsi gradualmente alla poesia, talvolta con grandi sensi di colpa e inferiorità. Alcuni rimangono isolati, altri invece condividono la loro insana passione con altri pari devianti. Si incontrano in locali fuori moda o a casa di qualcuno, per discutere del senso della vita. Nella bella stagione prediligono i parchi, purché all’ombra. Difficilmente manifestano il loro disagio agli adulti, ai genitori. Difficilmente chiedono aiuto.

Ma che cosa nasconde, dunque, questo sintomo?

La letteratura a riguardo è ancora scarsa, ma possiamo provare a fare alcune ipotesi. Nella mia esperienza una parte dei poeti presenta una personalità schizoide. Individui ritirati dalla società, considerati talvolta “tipi strani”, scrivono prevalentemente di temi molto intimi o molto astratti. Il linguaggio è criptico, ermetico. Questa tipologia di poeti non mira a farsi capire dal prossimo, anzi si avvita in un circolo di incomprensione che alimenta la sua poesia.

Altri poeti sono invece nettamente narcisisti. Scrivono poesie fatte apposta per ricevere applausi o like su facebook. Declamano le loro opere in pubblico, si aspettano unanime approvazione e, quando non ce l’hanno, oscillano tra il denigrare il prossimo ignorante o deprimersi, feriti nel loro narcisismo. Le loro poesie assumono forme tecnicamente definite come paracule, fanno un po’ ridere, ma non troppo chè non son mica comici, un po’ pensare, ma non troppo chè non vogliono essere noiosi.

Abbiamo poi il poeta antisociale, che usa il sintomo come pretesto per urlare la sua rabbia contro il mondo. Anche questo poeta spesso ricerca visibilità, procedendo però come uno schiacciasassi, a tratti schiacciapalle. Si occupa di temi politici, sociali, ma parla anche dell’amore in termini drammatici, come se le sfighe le avesse tutte lui. Nasconde tratti paranoici nella sua proiezione sul prossimo.

Sempre più rari sono invece i poeti maledetti, sostituiti dai musicisti, preferibilmente cantanti o chitarristi.

È evidente che questo breve articolo non rende conto di tutti i possibili casi, anzi ne prende in considerazione una minima parte. Ulteriori ricerche porteranno a capire meglio le sfumature del fenomeno, di cui vi riferirò anche in questa sede. Ma intanto, che fare? Se un vostro parente o amico è affetto da poesia, è comprensibile che siate preoccupati. Ciò che vi consiglio è di cercare di stare vicini al poeta: cercate di portarlo fuori con voi, fategli compagnia. Non date troppo peso a quello che scrive, né criticando, né lodando. Gratificatelo, anzi, su aspetti diversi del suo carattere. Tenete conto che, sebbene nella maggior parte dei casi si verifichi una quasi completa remissione dei sintomi, in altri casi il vostro caro andrà incontro a una poesia cronica.

Fortunatamente, gran parte delle persone in questa situazione riesce comunque a condurre una vita normale.