A Bergamo ora l’aperto sembra sconfinato
di Nadia Agustoni

Nadia Agustoni, poeta, vive a Bergamo e ha continuato a pensare e a scrivere anche durante i mesi dell’emergenza sanitaria che ha invesito con virulenza particolare quella provincia. A questo indirizzo potete trovare una sua cronaca di marzo e ascoltare un suo intervento d’inizio maggio a Radio Onda Rossa. Di seguito, potete invece leggere una sua nuova riflessione sui giorni del post-confinamento, che la ringraziamo d’aver voluto condividere con Atti impuri.

Le foto che accompagnano il testo sono state scattate dall’autrice stessa nella campagna bergamasca.

 

 

A Bergamo ora l’aperto sembra sconfinato

Agustoni_Campagna

Lentamente Bergamo rinasce. Tornano ovunque le biciclette, si sta al sole nelle campagne e semi-campagne dei paesi, e dopo il lungo lockdown l’aperto sembra sconfinato. C’è, con tutti, mentre si pedala su vecchie e nuovissime biciclette, uno scambio di saluti e auguri da cui si può intuire la solidarietà dei superstiti, mentre i sommersi tornano dai viaggi sui camion dell’esercito e le loro ceneri trovano sepoltura.

 

Il primo giorno in cui hanno aperto per qualche ora i cimiteri, nel paese dove sono sepolti i miei familiari e dove i morti per Covid 19 al 30 marzo erano già 140, le strade erano deserte e il silenzio troppo profondo per essere assimilato, ma sui vialetti tra le tombe c’erano molte persone, a distanza, con le mascherine, attenti a non avvicinarsi e persi in un dolore forte.

 

Col passare delle settimane, i segni di una vita che non sarà mai più uguale, si moltiplicano. Hanno riaperto i parchi, qualcuno si siede sulle panchine in solitario e qualche ragazzino si ferma a chiacchierare coi coetanei. Sono vigili e nel caso ci sono le scritte sulle bacheche elettroniche del comune che avvertono proprio i più giovani di fare attenzione se vogliono bene ai nonni.

Con qualche collega di lavoro ci chiediamo se sia giusto far portare loro un peso simile e cosa significherà tutto questo nelle loro vite di adolescenti. Ci fosse stata una guerra, tutti avremmo le stesse cicatrici, ma nel caso di questa epidemia c’è chi ha perso molto e chi è semplicemente rimasto a casa. Non c’è paragone possibile con nessun conflitto armato, con nessuna guerra, in particolare con quelle moderne, dove tutti perdono affetti, case, patrie e spesso umanità e dove le ferite sono incommensurabili.

 

La realtà del dopo virus è in verità molto sfaccettata. Si sente la presenza di qualcosa di indefinito. Non è solo il virus in se stesso, ma la nuova sensazione di precarietà e il nuovo silenzio che ci porta fuori nelle campagne e fa sì che ci salutiamo e sorridiamo, ma ci tiene lontani fisicamente come mai prima. È come se i tre mesi passati ci avessero tatuato nel corpo un’altra lingua, se non ostile, questo no, muta e incomprensibile.

 

La fragilità Agustoni_Campagna1ha tante strade per mostrarsi. È evidente negli sguardi, nel gesto di alzare una mascherina anche quando non serve, non per allontanare il pericolo, ma per non essere stanati da qualcosa che appartiene a noi stessi. L’animale in fuga è una storia che conosciamo nelle sue infinite versioni, ma scoprire la morte è scoprire una mortalità di cui nulla sappiamo.

 

Ci hanno allontanato dalla morte e vediamo ora quanto sia necessario riappropriarcene. Non per i soli riti funebri, che tuttavia per molti significano, ma per un senso del nostro limite che ci consenta di capire la nostra stessa umanità e quindi quella degli altri. È un patto con la nostra psiche quello di cui intuiamo il bisogno, un’amicizia con questa parte disconosciuta dai più che ci consenta di vedere e comprendere la perdita che non è mai solo la perdita dell’altro, ma qualcosa che tocca l’intera esistenza, lo stare insieme di una comunità, la domanda che riaffiora a tratti in ogni vita, sul perché siamo qui.

 

Secondo alcuni mistici non c’è paradiso eterno né inferno eterno, perché sarebbe stagnazione, mentre conta Quello che è cosciente a se stesso. Mi domando se nell’idealismo laico potrà mai trovare posto un senso di appartenenza che dia respiro e profondità consapevole al nostro lato in ombra.