Jean Marie G. Le Clézio, Il verbale
di Ade Zeno

cop-leclezio-verbaleDisertore mentale, ribelle, automutilatosi di radici e di passato per raggiungere un esilio coatto ma volontario, Adam Pollo, antieroe protagonista di questo libro ancora seduttivo e sorprendente (e diciamo ancora riflettendo sugli anni – ben quarantasette – trascorsi dalla sua prima pubblicazione presso Gallimard), ci accompagna per oltre trecento pagine in un mondo che non è suo, ma nostro (ancora nostro, ma ancora per quanto?), un mondo ingombrante (ingombrato) in cui le leggi fisse e immutabili della contemporaneità sembrano vietare (o comunque scoraggiare) sconfinamenti e derive. Adam esce, scappa, riesce miracolosamente a ritirarsi in una villa disabitata a pochi passi dal sole, dal mare, dagli odori brucianti della Costa Azzurra, luogo di perfetto contrasto in cui terra e mare selvaggi fanno tutt’uno con l’affollatissima e vuota presenza dei turisti, degli spiaggianti, dunque dell’umanità intera (in tutto il suo disarmante orrore). Sopravvivere alle convenzioni annullandole, perdere consapevolmente ogni cosa per riappropriarsene, trasformarsi in occhio, in osservatore estremo ossessionato dal dettaglio, assistere all’apocalisse della civiltà con distaccata empatia e catalogare ogni passaggio; infine percorrere una strada parallela alla vita (la vita degli altri, s’intende) e registrare, cercare un codice che sappia raccontare (raggiungere) il senso delle cose. Registrazione che Adam affida all’intimo, sconnesso e frenetico verbale che consegna il titolo al libro, un verbale in cui la sua voce muta continuamente tono, colore, consistenza, passando da angosciosi sconforti a piccole, schizofreniche catarsi, a seconda che il giorno appena vissuto abbia previsto per lui minimi trionfi o rovinose sconfitte. La volontà di separarsi in modo esemplare e netto dal mondo diventa rapidamente un moto necessario e inevitabile, messo in crisi solo dal sentimento amoroso che a un certo punto irrompe materializzandosi in una donna incontrata per caso, Michéle, con la quale il fuggiasco sarà spinto a consumare una relazione inquieta e contraddittoria, ultimo legame con l’universo “reale” in grado di fornire qualche appiglio per un dialogo umano; una fuga nella fuga – dall’elucubrazione, dal delirio – destinata a fallire nella mente di chi ha ormai deciso di accettare soltanto vincoli con le cose (la natura, il mare, il sole, le pietre) escludendo senza appello quello con gli esseri umani. Progetto narrativo coraggioso e complesso germinato in pieno periodo noveau roman, Il verbale segnò l’esordio di quello che (allora solo ventitreenne) presto sarebbe diventato uno dei più grandi scrittori contemporanei francesi, Le Clézio, penna assai prolifica (oltre quaranta volumi fra narrativa, saggistica e traduzioni) coraggiosamente riproposta – ben prima dell’assai discusso Nobel – da :duepunti edizioni, piccola casa editrice palermitana che in pochi anni ha collezionato un catalogo raffinato e prezioso, regalandoci titoli come le Lettere di guerra firmate Jacques Vaché, Europeana e Istante propizio di Patrik Ourednik, Alla deriva di Huysmans e i più recenti, surrealmente scanzonati, Scritti pornografici del grande Boris Vian. Riscoperte, insomma, che hanno tutto il sapore della rivelazione, e che, pur guardando indietro confrontandosi col passato, non si lasciano ingabbiare in una logica “d’antiquariato” sterile e nostalgica, ma anzi si propongono come indispensabile specchio prospettico per una visione della letteratura e dell’arte globale ad ampio, pluridimensionale respiro. Tra l’altro riuscendo nell’impresa con stile, eleganza, e ottimi propositi per i prossimi, imminenti futuri.

Jean Marie G. Le Clézio, Il verbale, pp.313
€ 12, :duepunti edizioni
Traduzione di Silvia Baroni e Francesca Belviso