Patsy (Cronache epicediche #2)
di Arturo Belletti

Sto pensando a come dirtelo, sì lo so che non si fa. Lo so. Sto pensando a come dirtelo, dammi un minuto; fammi parlare, Cristo!
Patsy… lei sì che sa come prendermi lei quando mi dice infilami una mano tra le gambe accarezzami toccami. Quando mi dice: “Leccamela”, e io così per senso del dovere le infilo la lingua nella fica e le succhio il clitoride finché non mi viene.
Adesso lei non sa che domani mi infilo nella vasca da bagno con un quaderno e una taglierina, lei non sa che prima mi affetto i polsi e poi le dedico le ultime righe finché non mi abbandono e mi si chiudono gli occhi occhi forever…
Questa soffitta, ne ho abbastanza; questo cielo di calcestruzzo obliquo, tagliente, affilato… i miei pensieri sanguinano. Questi mobili dell’IKEA, queste mensole ridicole e presuntuose mi fanno vomitare.
Sono qui nel letto nipposvedese sdraiato su un fianco; con la mano mi reggo il capo e con la bocca la incoraggio con un sorriso, perché lei ci sta provando a eccitarmi, è il nostro gioco preferito. Lei cammina a quattro zampe per il nostro monolocale mostrandomi il culo; si ferma in piedi in mezzo alla stanza, si toglie un capo dopo l’altro finché rimane nuda. Quando lei gattona con la fica all’aria normalmente io mi eccito, e se sono eccitato glielo dico, e se glielo dico lei si inginocchia di fronte a me con le mani posando i palmi sulle mie ginocchia, mi guarda e mi sorride, mi leva gentilmente i boxer e mi fa venire con la bocca.
Ma ora trovo che sia davvero penosa: continua a girarsi e tornare sui suoi passi perché non c’è spazio, è un buco di ventitré metri quadri, suolo calpestabile miserrimo. Patsy sembra un animale in gabbia, la sua danza dell’amore è scadente, ogni cosa ha bisogno del suo spazio, lei per farmi arrapare dovrebbe avere avere un salone a disposizione e tappeti e un tavolo su cui abbandonarsi a pose lascive e oscene.
Mi alzo di scatto e vado in bagno a farmi una sega, cazzo, sono povero e non ho voglia di scopare in questa casa di merda.

[2002]