Fernand e Dio. Preghiere di un uomo a un dio in analisi
di Windy Angelino

Pubblichiamo il primo dei tre racconti segnalati al Concorso letterario “Racconti impuri” in collaborazione con gli Aperitivi informativi dell’InformaGiovani di Torino.

«Dio onnipotente che sei nel cielo, io, misero peccatore, mi rivolgo a te…», disse Fernand inginocchiato nel bagno di casa.
E qui è necessario fare subito due precisazioni: la prima è che Fernand non si chiama davvero Fernand, ma scelse questo appellativo in onore dell’attore Fernandel, che lo aveva indottrinato con vecchie repliche di Don Camillo.
La seconda è che l’onnipotente in questione era in realtà un dio disadattato e sociopatico, che fin dall’infanzia si era rivelato molto instabile: a scuola, ad esempio, al minimo screzio con i compagni, riempiva l’aula di cavallette che divoravano le merendine di tutti, quando durante l’ora di ginnastica non gli passavano la palla quanto avrebbe voluto, scatenava la siccità in tutti i rubinetti dell’istituto lasciando gli amici agonizzanti per la sete, al mare, se qualcuno inavvertitamente calpestava i suoi templi autocelebrativi di sabbia, si metteva sulla riva, apriva le acque e si poteva tutti dire addio a bagni e tuffi.
Da adolescente poi la situazione era così fuori controllo che la madre lo aveva dovuto portare da uno psicologo. Il dottore aveva presto diagnosticato un problema: la cura prevedeva che il Dio-adolescente-incazzato si prendesse in carico un piccolo umano sfigato e iniziasse con lui un lungo dialogo per elevarlo.
Il primo collegamento tra Dio e Fernand avvenne nello studio dello psicologo.
«Fernand sono Dio, alzati (dal letto) e cammina (fino in bagno)».
«Eh? Chi è?».
«Sono Dio ho detto!! Vai in bagno! Subito!».
«A parte che non mi scappa niente, poi dio non esiste. Me lo hanno detto mamma e papà. Per cui buonanotte!».
Potete immaginare la frustrazione del giovane Dio a questo punto. Con la sua spiccata presunzione divina era convinto che sarebbero bastate poche battute e l’umano si sarebbe buttato in ginocchio idolatrandolo. Ma il dottore lo esortò ad andare avanti.
«Fernand sono Dio».
«Si, lo hai già detto e io ti ho anche già detto che non esisti».
L’analista gli suggerì allora di offrirsi di eseguire un piccolo prodigio per convincerlo.
«Chiedimi un miracolo e ti dimostrerò che sono davvero Dio».
«Humm, non saprei».
«Dai forza mettimi alla prova».
«Dunque… ah si! voglio essere Robin, l’amico di Batman!».
«Eh ma cazzo è uno sfigato ’sto qui, io non voglio avere come schiavo un umano sfigato!». Non ricordandosi di staccare il collegamento telepatico con Fernand, Dio si era rivolto al dottore manifestando tutto il suo disappunto. Egli li scollegò e cercò di porre rimedio alla situazione.
«Vedi Dio», gli disse, «so di chiederti molto prendendoti questo ragazzino mal riuscito sotto le tue cure, ma io credo in te. Per cui ora concentrati e ricominciate».
«OOOOH-OH. C’è nessuno lì? Ehi Dio lo vedi che non esisti, io ho ancora il mio pigiama di Hello Kitty addosso».
«Ma cazzo questo è veramente sfigato, come si fa ad essere un maschio ed avere un pigiama di Hello Kitty???».
Il dottore fece un gesto per ricordargli che Fernand li stava ascoltando e lo esortò ad andare avanti…
«Ehi Dio ma sei veramente antipatico, il pigiama era di mia cugina Ada, non le stava più e mamma ha detto che di notte è buio e non mi vede nessuno, per cui posso anche mettermi un pigiama rosa».
«Va be’, andiamo oltre».
«Allora mi trasformi in Robin?».
«Facciamo così: se tu mi prometti che ogni volta che ti parlerò tu mi ascolterai, io farò questa trasformazione per te. Chiaro moccioso?».
«Chiaro».
«Allora chiudi gli occhi e conta fino a tre».
«Uno… due… tre…».
… PUFF…
«Li posso aprire?».
«Aprili e inizia pure a venerarmi, piccolo moccioso sfigato».
«Ehi, smettila di tratt…».
Silenzio.
«UAU! SONO ROBIN!».
«E io chi sono?».
«DIO!».
Quando poi il collegamento fra i due crebbe e dopo che il dottore ebbe insegnato a Dio a non esagerare, come quella volta che aveva crudelmente cercato di convincere il povero Fernand ad andare tutte le domeniche mattina presto a citofonare alle persone per informarle sulle possibili piaghe che il Signore poteva mandare, la loro comunicazione poté avvenire anche al di fuori dello studio. Ad esempio un giorno Dio convocò Fernand per enunciargli la sua personale rivisitazione dei dieci comandamenti.
«Hai preso le tavole per scrivere, mio discepolo?», aveva tuonato Dio.
«Veramente ho trovato solo un quaderno delle Winx in cartoleria…».
«Povero me…». Per fortuna negli anni aveva imparato a sopportare le sue frustrazioni e non scatenò nessun flagello su un popolo a caso.
«La biro almeno ce l’hai?».
«Certo».
«Bene allora iniziamo! Punto primo Non avrai altro Dio all’infuori di me».
«Ehm scusa, ma non mi sembra molto originale…».
«Si lo so, ma è una buona idea per cui non mi è sembrato il caso di cambiarla. Punto secondo Nomina il mio nome più che puoi».
«Sei sicuro di questo? L’altro prima aveva detto l’esatto opposto».
«Quello aveva detto l’esatto opposto perché non esisteva la tv, oggigiorno c’è una tale concorrenza! Prendi ad esempio Benedetta Parodi, Dea della Cucina Insulsa, è arrivata sullo schermo, ha indottrinato milioni di casalinghe e ora la sua bibbia è in cima alle classifiche delle vendite».
«Ah, certo, ho capito…».
«Allora passiamo al punto tre: Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi».
«SCHERZI VERO?».
«No!».
«Ma come fa Ricordati di santificare le feste a diventare Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi?».
«Guarda che non è una discussione la nostra, io detto e tu scrivi».
«Si, ma…».
«Si, ma un corno. Punto quarto: Onora mia madre Afrodite (platonicamente)».
«Segnato».
«Punto quinto: Non uccidere, non sbavare mentre dormi e non mangiare alghe al ristorante cinese, tutto chiaro?».
«Tutto chiaro e perfettamente d’accordo su tutta la linea».
«Punto sesto: Non commettere atti impuri pensando a mia madre».
Fernand deglutì imbarazzato e scarabocchiò anche questo comandamento.
«Punto settimo: Non rubare l’autoradio della narratrice».
«EH????».
«Niente, questa non te la posso spiegare. Proseguiamo con il punto nove».
«E l’ottavo comandamento? Non dire falsa testimonianza come diventa?».
«A dire il vero quello mi è sembrato inutile e volevo toglierlo».
«Oh, che peccato avevo già scritto tutti i numerini sulle righe e adesso lo devo cancellare e resta brutto il foglio», piagnucolò Fernand.
Dio ancora una volta si pentì di non aver portato con se un paio di fulmini per friggere quello stupido umano, ma poi fece un bel respiro e disse: «Va bene, allora al punto otto scriviamo Non dire falsa e rifatta alla scollatura di mia madre».
«Così va molto meglio».
«Se mi è concesso adesso passerei al punto nove Non desiderare la donnola d’altri». Devo qui chiarire che spesso sull’Olimpo si verificano liti furibonde per avere le donnole più belle e veloci. Ogni dio infatti riceve all’età di undici anni una donnola-postina che ha il compito importantissimo di portare le divine lettere al proprietario (soprassediamo su come la Rowling abbia scoperto questa sacra usanza e l’abbia poi commercializzata con la storia di Edvige, la civetta-postina di Harry Potter).
«Benissimo, annotato anche questo».
«E concludo infine con il decimo punto Non desiderare la roba d’altri, in fondo, se il tuo amico l’erba se l’è comprata, è sua».