I regimi autoritari
di Leo Winkler

 Le dittature finiscono, tutte, prima o poi.  Possono durare decenni, non secoli.
Spesso il dittatore fa una brutta fine.
Ci sono tanti tipi di “tiranni”: ci sono quelli che si fanno temere, quelli che si fanno “amare” (e sono pericolosi demagoghi) e quelli che mescolano variamente le due forme fondamentali.
I dittatori hanno fretta, e per durare più a lungo provano sempre a sovvertire l’ordinamento dello Stato precedente, a forzarlo a vantaggio proprio (e del gruppo di cui sono espressione), ma sui tempi lunghi non ce l’hanno mai fatta. Però, dopo la caduta, lasciano sempre “detriti” e “scorie” pericolose nella società che hanno dominato: come minimo lasciano in molti il ricordo di essere stati dei “dritti”, e seguono gli imitatori.

Non è sempre facile riconoscere un tiranno:
perché non tutte le opere di un tiranno sono sempre negative (a es. Pisistrato, tiranno di Atene, ebbe anche dei meriti);
perché si pensa al tiranno come a un personaggio con una continuità ininterrotta nel potere (invece Pisistrato dominò la politica della città per 33 anni, ma gli anni di potere effettivo furono 17, perché fu esiliato due volte);
perché spesso la figura del tiranno si confonde con quella del demagogo, che è un male tipico della democrazia.

Il più intelligente fu Silla che, dopo aver “sistemato” lo Stato “a modo suo” (82-79 a.C.), si ritirò a vita privata. Ma la sua costruzione politica, che costò infiniti lutti ai cittadini romani, si disgregò ugualmente nel giro di pochi anni, lasciando una situazione peggiore di quella che aveva trovato perché, basata sulla forza e non sul consenso tra le parti, suscitò altri odi.

Come mai c’è sempre qualcuno che, in un certo momento storico, si fa avanti per questa avventura, che alla fine si rivelerà fallimentare?

Poiché dallo studio della storia è ormai noto quali sono le condizioni sociali favorevoli all’emergere dei “dittatori”, che si presentano sempre come “uomini del destino” e quindi “insostituibili” (= “se non ci fossi io…”) e “unici rappresentanti della nazione”, e che credono di “essere la legge”, per capire perché sorgono sempre nuovi dittatori bisogna indagare i meandri della mente umana.

Come ci sono uomini propensi all’autoritarismo– incapaci di avere rapporti alla pari con gli altri uomini-, così ci sono altri uomini propensi al servilismo, e altri all’opportunismo.  È dalle interazioni tra questi brutti soggetti che possono sorgere le dittature, se chi vi si oppone non è molto bravo a evitare questo coagulo; essere un po’ bravo non basta quando il malanno comincia a manifestarsi.
Poi ci sono gli ingannati, quelli che “non sanno vedere”. Ma a volte chi si fa ingannare si ostina a non voler vedere. Purtroppo ragionare con questi è un’ardua impresa, perché nessun argomento è sufficiente a smuoverli. Infatti ci sono ancora nostalgici di Hitler, di Stalin, di Mussolini, di Franco! Stalin e Franco almeno erano dei vincitori, ma gli altri due hanno pure perso la guerra, con il cumulo di morti che questo significa! Ebbene, anche questi due hanno ancora i loro ammiratori.
Per evitare il sonno della ragione, c’è un solo rimedio: lavorare sui tempi lunghi, con la scuola, tanta scuola intelligente, per imparare a “inserire la propria storia personale in una storia più vasta, in una storia collettiva”, senza rifiutare i propri mostri, presentandoli come “incidenti”. Sperando che la Storia non presenti prima il conto dell’opera “benemerita” dell’autocrate di turno: se ciò avvenisse, almeno saremmo più consapevoli nell’accettare anche l’insopportabile.