Quattro poesie
di Giovanna Marmo

occhio da cui tutto ride

“Tutto sembra filtrare in queste pagine, dagli abissi claustrofobici d’un qualche intimo spazio alieno, incerto/chirurgico, popolato di creature e disturbanti oggetti che tutte, tutti ci appartengono”

(dalla nota di Tommaso Ottonieri a Occhio da cui tutto ride, NoReply, 2009)

Occhio da cui tutto ride

Campi vuoti da tennis,

prima del bosco.

Ricordo la fine,

calda e assoluta.

Dietro di me è suono,

davanti

una presenza,

una crepa profonda.

Il cane si scioglie nella notte.

La montagna cade

nell’occhio gelato.

E l’occhio

da cui tutto ride

dice:

sono

una stazione telegrafica

si è rotta un vena,

nella testa.

L’uomo del cemento

L’uomo del cemento

riesce a fare questo.

Immergersi in una vasca

dicemento moscio,

e poi. Quando il cemento è duro,

uscire fuori senza

soffocare.

L’uomo del cemento è con una donna.

Sono nella vasca,

con il cemento moscio.

La donna quando è nel cemento

non riesce a respirare.

E vorrebbe uscire

ma non riesce a uscire.

Intorno all’uomo del cemento

c’è tanta gente che applaude.

Che fine farà

la donna che sprofonda nel cemento?

Noi non lo sappiamo perché,

una parete

sottile

la divide dal pubblico.

L’uomo fantasma

Sono in motorino

con l’uomo fantasma

che vuole fare un annuncio

alla radio.

Cado,

rimango appesa

per i capelli.

Rido,

è divertente:

l’uomo fantasma mi tocca i piedi.

L’uomo fantasma se vuole

può prendersi una macchina

parcheggiata.

Lo sportello

semplicemente

si apre.

Bambino tagliato a metà

Vivo in un appartamento

a più piani con un uomo,

cui piace mangiare carne viva.

Tra di noi c’è confidenza.

Comporta che ci ignoriamo.

Entriamo e usciamo

mai insieme.

Con gli occhi della schiena

lo vedo muoversi

schiacciato sul muro

come un bambino tagliato a metà.

da Giovanna Marmo, Occhio da cui tutto ride,  NoReply, 2009