In cerca della poesia digitale
di Sergio Garau

Nel mese di giugno il mensile Poesia pubblica un resoconto di Valerio Cuccaroni sulla poesia italiana in rete, poi ripreso e aggiornato su absoluteville ad agosto in La poesia in rete 2.0. Dai blog alla Facebook Poetry in cerca della poesia digitale. La sintesi, dopo aver esplorato molte interessanti realtà del panorama italiano, si conclude riprendendo quanto denunciato nel 2006 da Tommaso Lisa: “da Tapemark I di Nanni Balestrini non è stato fatto molto in più per elaborare sinergie creative tra poesia e computer […] c’è assenza di testi poetici digitalizzati che sfruttino competenze informatiche in modo bilanciato e approfondito […]”. Considerando che è da qualche anno che intraprendo una ricerca sulla poesia digitale – a partire dal seminario Poesie und Hypermedia tenuto dall’esperta prof. Hyun-Joo Yoo presso la Humboldt Universität zu Berlin nel 2006 – in questo articolo intendo dare, pur se in modo sommario, qualche punto di riferimento al riguardo, vedere se dagli Stochastische Texte, poesie ad opera di Theo Lutz programmate nel 1959 attraverso i primi calcolatori ZUSE nell’orbita della Scuola di Stoccarda si sia poi fatto qualche progresso.

textbox

Prima di tutto vi consiglierei di “leggere” la poesia digitale Looppool (aprite questo link in un’altra finestra), opera del 1998 del noto poeta, scrittore, rapper, slammer, performer Bas Böttcher– più volte invitato nei festival e nelle fiere del libro di tutto il mondo, qui sopra in un video girato a Pechino, l’ultima volta in Italia nel 2009 per l’Absolute [YOUNG] Poetry Festival. Ho scelto Looppool non solo perché ricevette il premio speciale della giuria del concorso per letteratura in rete Pegasus 98 organizzato dal settimanale Die Zeit in collaborazione con IBM e ARD-Online, ma anche perché nel 2010 il testo è stato riedito e tradotto in francese– una lingua in Italia più nota – per conto di Bleuorange, Revue de littérature hypermédiatique di Montréal. Si tratta di una poesia digitale presa in esame da diversa fondamentale saggistica del settore come Interfictions (2002, Suhrkamp) di Roberto Simanowski, Literatur im elektronischem Raum (la letteratura nello spazio elettronico, 2003, Suhrkamp) di Christiane Heibach o p0es1s – Internationale digitale Poesie – International digital Poetry (2001, Hatje Cantz Verlag) a cura principalmente di Friedrich W. Block come tutto il multiforme e interessante progetto p0es1s.

Il lettore di lingua italiana può inizialmente avvicinarsi alla letteratura elettronica attraverso il sito elettroletteratura.org, nel quale può trovare un discreto archivio aggiornato con collegamenti a opere e artisti italiani e internazionali eterogenei oltre che ad articoli e interviste. Il sito si inserisce consapevolmente nel circuito internazionale della letteratura elettronica, del quale possiamo citare ad esempio la ELO (Electronic Literature Organisation) e E-Poetry, festival internazionale di poesia elettronica attivo dal 2001. Per una prospettiva internazionale attenta anche alla scena italiana ricordiamo Tecno-Poesia e realtà virtuali (2002, Sometti) di Caterina Davinio, interessante soprattutto per l’opera di mappatura delle diverse personalità impegnate nel campo e Verso la poesia totale (1978, Paravia) di Adriano Spatola, che alla luce degli ultimi tempi assume nuovi e intriganti contorni.

Ma che cosa è la letteratura elettronica? Gli studi non hanno ad oggi raggiunto un accordo: alcuni parlano di letteratura digitale, altri di letteratura nello spazio elettronico, altri ancora di letteratura in rete o letteratura ergodica e così via – ogni definizione ha i suoi vantaggi e svantaggi e inevitabilmente ridisegna l’oggetto in questione. Due delle definizioni e tipologie più interessanti sono di Roberto Simanowski e Christiane Heibach (delle quali si può trovare un riassunto di Giovanni Nadiani in – 2007, Mobydick – pp. 6-13). Per Simanowski “la letteratura digitale è una forma espressiva artistica che presuppone come base della sua esistenza i media digitali, in quanto essa è caratterizzata da almeno una delle peculiarità dei media digitali: interattività, intermedialità, messa in scena”. Per Heibach invece “la letteratura nello spazio elettronico […] è soltanto quella che impiega in una qualche forma almeno uno di questi elementi: o pone al centro il collegamento in rete dei documenti tecnici o degli attori, oppure esprime esteticamente la struttura del medium”. Al di là delle differenti caratteristiche elencate dagli autori sulle quali non ci soffermiamo (per chi volesse esplorare la letteratura digitale di lingua tedesca rimando senz’altro alla ricca piattaforma netzliteratur.net), ci sembra un buon punto di partenza affermare: la letteratura elettronica è una forma di letteratura che utilizza come elemento essenziale dell’opera una o più proprietà specifiche dei media digitali.

searchsongs

D’accordo, questa è una definizione di massima della letteratura elettronica, e per quanto riguarda la poesia digitale invece? In Digital Poetry: A Look at Generative, Visual, and Interconnected Possibilities in its First Four Decades contenuto nell’autorevole A Companion to Digital Literary Studies (2008, Blackwell) Christopher Funkhouser afferma che la definizione più stringente è stata data da Friedrich W. Block, Karin Wenz e Christiane Heibach in p0es1s: Aesthetics of digital poetry (2004, Hatje Cantz Verlag): “Per poesia digitale intendiamo quei progetti artistici che si occupano delle mutazioni mediali della lingua e della comunicazione a base linguistica in computer e reti digitali. Con poesia digitale ci riferiamo dunque ad arte linguistica creativa, sperimentale, ludica e anche critica concernente programmazione, multimedialità, animazione, interattività e comunicazione in rete”. È da notare come gli autori abbiano evitato con cura in questa definizione il termine letteratura, un termine legato a doppio filo alla litera dell’etimo e storicamente al medium libro – che rende in effetti contraddittorie definizioni come letteratura orale o letteratura digitale. Heibach infatti, in uno scritto del 2005, sostituisce nella sua terminologia Literatur con Sprachkunst (arte della lingua, arte verbale) volendo così sottolineare la necessità di sviluppare strumenti, poetiche e teorie in grado di analizzare non solo la letteratura monomediale (su libro), ma anche opere e progetti pur fondati sulla parola ma multimediali (comprendenti i nuovi media ma anche media antichi come il corpo) – inoltre, mi viene in mente, un’altra massima matrice матрёшка papabile per abbracciare tutte le arti della parola non potrebbe forse essere proprio “poesia”? Al di là della scelta terminologica comunque Heibach sostiene che bisogna tenere più da conto i processi di produzione, le loro dinamiche, il modo di rappresentazione testuale, le relazioni tra codici e sensi e le strutture medium-specifiche. Non si tratta di problemi prettamente accademici: quante volte è capitato di vedere scrittori, poeti trasporre le proprie parole dalla pagina alla voce e al corpo senza consapevolezza, competenza, esperienza o comunque senza curarsi del diverso medium, quasi confidando che l’autorità della parola stampata bastasse e rendendo invece la lettura di poesia una noiosa evenienza.

altri video ascii history of the moving image

Per produrre o anche solo comprendere la poesia digitale bisogna dunque comprendere i media digitali. In tal senso sono particolarmente utili i lavori The Language of New Media (2001) di Lev Manovich e Remediation (1999) di Jay David Bolter, entrambi tradotti e pubblicati in italiano (MCF, 2002; Olivares, 2002). Abbiamo detto che la letteratura digitale è quella forma di letteratura che utilizza come elemento essenziale dell’opera una o più proprietà specifiche dei media digitali: viene ora da domandarsi nuovamente quali sono dunque queste proprietà specifiche? Manovich individua per i nuovi media due assiomi fondamentali: tutti gli oggetti neomediali sono costituiti da numeri, sono alla base scritti in codice binario e possono essere pertanto manipolati con algoritmi; tutti gli oggetti neomediali hanno carattere modulare, ovvero possono essere assemblati in oggetti più grandi senza perdere la propria identità. Conseguentemente a questi due assiomi, Manovich sviluppa tre teoremi: il teorema dell’automazione, per il quale il computer può compiere delle azioni senza l’utente (creare dati, manipolarli, accedervi); il teorema della variabilità, per il quale gli oggetti neomediali non sono fissi ma mutano in infiniti modi e versioni; il teorema della trascodifica, per il quale la logica e la struttura del computer influenzano la logica e la struttura della cultura riconcettualizzandola. A partire da queste basi Manovich individua inoltre due importanti forme dei nuovi media: il database o base di dati e lo spazio navigabile. La base di dati è la struttura che ordina una collezione di dati, è una forma che almeno a livello elementare pertiene a tutti gli oggetti neomediali; per Manovich è la forma culturale della società computerizzata così come la prospettiva era la forma culturale della modernità. Lo spazio navigabile è quello spazio tridimensionale attraversabile dall’utente per mezzo di un avatar, lo spazio navigabile è una forma che è sì pre-esistente ai nuovi media ma che in questi trova la sua naturale realizzazione. Oltre a questa puntuale disamina delle caratteristiche Manovich desta interesse quando scardina preconcetti su interattività, mutimedialità, ipertestualità, proprietà a ben vedere per nulla esclusive dei nuovi media. L’interattività ad esempio viene spesso confusa con la “cliccabilità”, dimenticando così completamente il suo aspetto psicologico, per Manovich il più importante per qualsiasi opera d’arte anche fisicamente interattiva. A proposito di caratteristiche affatto esclusive dei nuovi media si può qui accennare a Remediation di Jay David Bolter e Richard Grusin, il cui concetto riprende l’affermazione di Marshall McLuhan in Understanding Media: «il contenuto di un medium è sempre un altro medium». Gli autori dichiarano che ogni nuovo medium riprende sempre, variandole, le caratteristiche dei media che lo hanno preceduto, e ciò è fondamentalmente e particolarmente vero per i nuovi media. I nuovi media riescono infatti più di ogni altro a ri-mediare in continuazione media precendenti (ad es. lo scroller riprende lo srotolare del papiro, la modalità a schermo intero dei video l’immediatezza della televisione, la rete internet – o il programma skype – la rete telefonica, Google Maps lo stradario, la street view il diorama etc. – e ogni ri-mediazione non è certo pedissequa ma comporta mutazioni e rimescolamenti anche sostanziali). Partendo da qui a mio avviso si possono estrapolare le caratteristiche essenziali dei nuovi media e capire dove indirizzare il lavoro di ricerca delle opere di letteratura, o meglio, di poesia digitale. Particolarmente interessante è considerare la caratteristica enunciata da Bolter: letteratura digitale (o meglio, poesia digitale) si avrebbe in questo caso nel momento in cui l’arte della parola si ri-medi, entri significativamente in gioco con i caratteri fondanti di altri media.

Ciò detto riprendiamo ora la poesia digitale in questione: Looppool. Looppool si presenta come una mappa, un intrico di vie circolari viste dall’alto, un labirinto. Le parole sono disposte non linearmente, in una costellazione, seguono una modalità di fruizione non convenzionalmente letteraria. Parafrasando la definizione di letteratura ergodica di Aarseth possiamo dire che per attraversare il testo bisogna fare uno sforzo significante, ovvero, in altre parole, non si può qui iniziare automaticamente a leggere in alto a sinistra. Looppool ri-media infatti il concetto delle poesie concrete, nelle quali il livello linguistico è significativamente fuso con il livello visivo: vi sono rimandi semantici al ciclo, al giro, al ruotare: («kreisen», «sich drehen», «rumkugel»), alla diramazione, alla relativa possibilità di scelta («verzweigen», «versionen verse», «spiegel», «verknüpft»; «…so wie du sie willst…») e alla sfera del piacere («…Torten…», «…Nektar…», «…Kuchenbissen…», «…Flieder Flavour…», «…Cocktails…», «…Rumkugeln […]»). I riferimenti spesso si intrecciano: Rumkugel ad esempio è infatti un dolce sferico (da cui Kugel), pesante ma buono, così chiamato per il suo sapore al gusto di rum – tuttavia ‘rum in tedesco è anche l’abbreviazione di herum, preposizione che significa “intorno”, “attorno”, spesso usata anche come prefisso, così che il riferimento al tema del ciclo è doppio; Kuchenbissen richiama – oltre a torta (Kuchen) – l’idea di “morso” (Biss), l’essere a brani, la suddivisione in segmenti, in moduli dell’opera. Nel titolo stesso vi è l’idea di ciclo ma non solo, l’iterazione è ulteriore: tutte le lettere sono ripetute due volte, Looppool, che significa alla lettera “vasca dei cicli”, rappresenta la ciclicità e circolarità “narrativa” attraverso la sua forma palindromica (l’inizio della “narrazione” – la prima lettera – è uguale alla sua fine – l’ultima lettera). La parte più caratterizzante dell’opera è tuttavia la possibilità per il lettore, una volta avviato il flusso di parole e musica, di direzionare la sfera rossa e scegliere così come proseguire il testo orale. Dal momento che il lettore può scegliere di volta in volta tra due tracce, se riprendiamo le caratteristiche dei nuovi media individuate da Manovich notiamo che Looppool tematizza il primo assioma, la numerabilità, il codice binario e la sua proprietà combinatoria per la quale si possono ottenere infinite variazioni e, in questo caso, infiniti testi. I segmenti in cui è divisa l’opera ci riportano alla proprietà modulare, essendo ogni modulo inoltre evidenziato dal brevissimo stacco che lo precede o segue. L’insieme dei moduli (grafici e audio) va a costituire la base di dati dell’opera, base di dati che può essere composta e ricomposta seguendo i processi algoritmici descritti. Non ci si trova di fronte a un esempio di spazio navigabile in senso stretto, tuttavia il movimento esplorativo della sfera rossa (rappresentante il movimento del lettore) ne ricorda le caratteristiche. Prendiamo ora in considerazione il testo orale riproducibile da Looppool. Vediamo che qui i temi individuati nella parte grafica si ripresentano in modo più cospicuo e sistematico. I riferimenti al ciclo sono molto più significativi, già nell’ “incipit” “kreisen” (“circolare”) viene rafforzato in «kreisen […] rum» (“girare attorno”), «alles dreht sich» diventa «alles dreht sich um dem Mädchen, alle drehen sich nach den Mädchen» (tutto ruota intorno alla ragazza, tutti si girano dietro le ragazze), vi è «Schnecken […]» (riferito al dolciume a forma di chiocciola, quindi riferibile sia al tema del ruotare che a quello del piacere) e così via. I riferimenti al diramare e alla relativa scelta data al lettore, in particolare nella porzione di testo relativa ai brani «versionen verse», «so wie du sie willst», «dolce vita», «verknüpft», «gestalten» diventa un’esplicita descrizione del processo fruitivo alla base di Looppool: il lettore può modificare (nei limiti consentiti dall’autore) i binari della mappa e così orientare il testo orale. Il testo visibile può essere qui infatti considerato come una semplificazione cartografica del testo orale. L’analisi potrebbe proseguire nello studio delle figure retoriche presenti nella parte grafico-visiva dell’opera, in quelle presenti nella parte orale, nelle relazioni tra le diverse posizioni nella mappa, nelle opposizioni grafiche che rimandano a opposizioni tematiche e così via. Soffermiamoci invece sul fatto che il ciclo, il loop, l’iterazione è anche un noto algoritmo informatico. Il testo qui non solo si riferisce al ruotare, al ripetersi ma, effettivamente, ruota e si ripete. E lo stesso dicasi per l’altro tema centrale in Looppool: il diramare. Il carattere modulare e dunque ipertestuale di questo testo fa sì che i brani testuali non solo si riferiscano al diramare, al collegare, ma siano di fatto diramati e collegati.

Non è certo la prima volta che viene composta un’opera permutazionale nella storia della letteratura, pensiamo solo all’Oulipo, a Italo Calvino, a opere come Cent Mille Milliards de Poèmes di Raymond Quéneau

o Composition No 1 di Marc Saporta. A differenza di questi predecessori Looppool, attraverso i nuovi media, ri-cicla la permutabilità ad uso del testo orale e, specularmente, ri-media il testo orale con la permutablità e con il ciclo. In Looppool la permutazione è, se vogliamo, associata all’Eros, segue le pulsioni della («dolce») vita («die Gedanken kreisen um das süße Leben rum»), il principio di costanza ciclico e ripetitivo che in un testo lineare di Boettcher Nach dem Loop: Leben (tradotto in italiano in SLAM Antologia Europea – No Reply 2007 e performato dall’autore nel primo video di questo articolo) richiamava Schopenhauer e Thanatos, la pulsione di morte dei loop, delle routine quotidiane, viene ora rovesciato nel teorema di variabilità di Manovich. La diramazione diventa poi centrale anche a livello mediale-interpretativo, il ciclo infatti può essere a piacere rotto («Bruch») dal lettore così da iniziarne («Aufbruch») un altro.Una variabilità che non si esaurisce qui. Looppool dal 1998 a oggi è stato ripetutamente modificato per installazioni, festival, musei, ri-mediando al suo interno altri versi e altre voci di altri poeti. L’ultimo caso riguarda la traduzione in francese di cui sopra, per la quale giustamente non solo si sono tradotte le parole scritte sulla mappa, ma il testo è stato affidato a un altro performer di lingua francese Peter Tardif – un approccio medialmente consapevole alla traduzione di poesia, che riteniamo dovrebbe essere usato molto più spesso, in particolare nei casi di poesia non monomediale (ricordiamo che ormai da anni il poesiefestival berlin attraverso il laboratorio Versschmuggeln impegna poeti tedeschi e di altra lingua – quest’anno italiani – in un lavoro di reciproca traduzione e performance).

Looppool dunque pone al centro della sua opera alcune caratteristiche dei nuovi media (qui individuate seguendo Manovich e Bolter), ri-mediando tra l’altro la consapevolezza mediale della fusione tra parola e immagine ricercata dalla poesia visiva, la permutabilità della letteratura potenziale, la prosodia della poesia orale e in questo caso particolare del cantato rap su base musicale. Looppool è solo una delle numerosissime possibilità della poesia digitale.