L’Insetto, di Ade Zeno

aliUn estratto da “L’Incanto del pesce luna” (Bollati Boringhieri, 2020) di Ade Zeno.

L’insetto se ne sta lì, fermo, raccolto in una paralisi che può nascere soltanto dalla paura, dal terrore che i getti non la smettano più di sgorgare, che continuino a scendere per sempre. Più grande di una zanzara, ma meno spesso di una cimice, ha il corpo di un minuscolo bruco e ali allungate color verde smeraldo. Dalle estremità di una testolina piatta spuntano due pallini rossi che si direbbero occhi. Come apparirà il mondo visto da una prospettiva del genere, si chiede Gonzalo avvicinando il naso alla protuberanza filamentosa che immagina funzioni da coda. Che aspetto avrà l’universo esaminato dal basso della sua astratta verticalità? Forse un’infinita distesa di riflessi, un firmamento di luci umide da combattere aggrappandosi. Otto zampette esili e sproporzionate rispetto al corpo aderiscono alla piastrella, decise a non mollare la presa. Se sapesse da dove viene, se potesse figurarsi quali complicate traiettorie ha dovuto percorrere per arrivare proprio lì, nell’angolo piovoso del box doccia in cui si sono incontrati; se solo avesse idea dei volteggi che le forze del caso lo hanno costretto ad affrontare prima di finire nel suo appartamento. Se fosse in grado di vedere quello che ha visto lui, scoprirebbe che dieci giorni fa – spinto dalla fame e dal vento – ha visitato le piante di un parco non molto distante saltando da una foglia all’altra di due grandi platani. Se si fosse interessato a qualcosa di diverso dalle operazioni di suzione della linfa proteica, se per un momento avesse messo da parte l’istinto dimenticandosi di ciò che era, forse avrebbe guardato con una certa curiosità gli esemplari bipedi che passeggiavano alcuni metri più sotto, tentando di capire meglio chi fossero e quali ansie li tormentassero. Se fosse stato in grado di fare tutto questo, probabilmente quella coppia seduta fianco a fianco su una panchina appartata avrebbe destato la sua attenzione: un uomo e una donna concentrati in fitti scambi di frasi dette a bassa voce. Lui indossa un cappotto nero e guanti in pelle marrone. Parla stringendo la sigaretta fra le labbra, ma quando rigetta il fumo si volta dall’altra parte, come preoccupandosi che a lei possa dare fastidio. Stretta nella sua giacchetta rossa, la donna sembra più agitata: gesticola di continuo, fa spesso per alzarsi anche se poi resta seduta. Avrà cinquant’anni, almeno dieci in più dell’uomo, eppure la sua severa bellezza – fisico longilineo, trucco appena accennato, i capelli raccolti in una lunga treccia arancione – la rende molto più giovanile di lui. Se l’insetto si curasse di loro intuirebbe che nella discussione non c’è niente di frivolo. È uno scambio concitato, eppure non hanno l’aria di essere nemici. Sembrano due amanti decisi a risolvere in modo ragionevole un momento di crisi. Se potesse intrufolarsi fra le loro parole, se fosse capace di andare a fondo scoprirebbe che amanti lo sono stati, sì, ma tanto tempo fa, e che adesso sono sconvolti dalle possibili conseguenze di eventi molto più grandi di loro. Si sono incontrati altre volte, nelle ultime settimane, hanno parlato a lungo, si sono abbracciati, qualche volta lui ha provato a baciarla. Non sono finiti a letto, non hanno litigato, spesso si è fatta strada qualche lacrima di rabbia e malinconia. Del periodo in cui avevano condiviso gli sprizzi della passione rimane la capacità di scambiarsi carezze senza provare vergogna. E poi ora ci sono in ballo decisioni importanti, progetti assurdi da definire nei dettagli, un mare di incognite che possono attraversare solo aiutandosi a vicenda. In questo preciso momento, l’istante esatto in cui l’insetto – se solo volesse – potrebbe preoccuparsi dei loro destini, l’uomo e la donna sono giunti a una conclusione stringendo una specie di patto. Dopo aver faticato come titani per mettere ordine a tanto sconquasso, hanno appena fatto scelte da cui sarà impossibile tornare indietro. Stremati dallo sforzo, i due si stringono avvicinando le teste. Lei sorride e custodisce tra le ginocchia le mani del complice, sono quasi pronti, dicono i loro occhi spaventati, ormai manca pochissimo. Ma l’insetto non ha idea di cosa significhi tutto questo, in fondo non li ha visti, non si occuperà mai di loro, non sa nemmeno che esistono. La sua microscopica proboscide affonderà ancora centinaia di volte nelle foglie del platano, e procederà con determinazione fino a quando non riprenderà il viaggio spiccando il volo. Poi, fra dieci giorni, sceglierà una fra le tante correnti d’aria possibili e la imboccherà senza sapere che il suo destino ridicolo ha previsto di condurlo nell’appartamento di Gonzalo, più precisamente nel box doccia ingolfato dal vapore in cui la sua mano gigante lo schiaccerà su una piastrella color sabbia prima di vederlo cadere giù, sempre più giù, risucchiato dai mulinelli dello scarico.

Da “L’incanto del pesce luna”, Bollati Boringhieri, Torino 2020, pp. 104-106