“Che la Russia con te sia lieve e sia crudele…”_2
di Elisa Baglioni

I duellanti

(Prima parte)

 

Griboedov

 

 

All’ingresso del viale Čistoprudnyj si trova il monumento di Aleksandr Sergeevič Griboedov. Un altro celebre Aleksandr Sergeevič nel mondo delle lettere russe, oltre Puškin, s’intende, che nei primi dell’Ottocento rivaleggiava per fama con il suo omonimo e verso cui Puškin provava ammirazione e forse un po’ d’invidia, ma il cui ingegno, da lui stesso bollato come una disgrazia, non gli evitò una morte violenta e precoce, troncando così ogni possibilità di realizzare appieno il suo genio.

Nel primo pomeriggio incontro il poeta S. G. È una calda giornata estiva, il viale è ombreggiato e alcune ragazze dai vestiti variopinti sfilano accanto a tifosi-turisti, riconoscibili per il badge che portano al collo, per le magliette e i cappelli a scacchi, per l’aria sorniona e ebete.

S. G. richiama la mia attenzione al monumento, definendolo un chiaro esempio di realismo socialista e marcando con la voce “chiaro esempio”, da cui ricavo due conclusioni. La prima mi suggerisce di prenderlo alla lettera, la seconda di coglierne l’intento parodico, retaggio della sua appartenenza alla cultura non ufficiale.

Per lungo tempo in Russia andarono di moda i duelli e, sebbene derivassero dal modello francese, varcato il confine dell’impero zarista si radicalizzarono a tal punto che gli sfidanti riconquistavano l’onore a caro prezzo. Più che un desiderium mortis, rivelavano l’urgenza di far vibrare la vita intensamente, la voglia di avvicinarsi al baratro con incosciente baldanza. Nell’Ottocento l’aristocrazia riceveva un’educazione militare e ottimi tiratori ce n’erano in abbondanza, inoltre la distanza fissata tra i duellanti era a mala pena di 10 passi, per cui le probabilità di sopravvivere a una pallottola, che seguiva un moto rotatorio e trivellava il corpo, erano poche. Non di rado si verificava il cosiddetto duello a quattro, in cui si battevano anche i padrini. Fu quanto capitò a A. S. Griboedov, non a Mosca, ma a San Pietroburgo, racconta S.G., quando il cavaliere della guardia Šeremetev e il conte Zavadovskij si affrontarono per un’offesa d’amore. Šeremetev era l’amante della ballerina Istomina, una donna verso cui provare gelosia era come andare a Tula col samovar, ovvero una perdita di tempo. Perfino Evgenij Onegin si era innamorato dei suoi voli di cigno e così tutta la giovane nobiltà pietroburghese. Evdokija Istomina era una donna ricca e indipendente. Mentre era in corso uno dei frequenti litigi con Šeremetev, accettò l’invito a prendere un tè in casa del conte Zavadovskij. L’ora del tè si prolungò per due giorni. Appresa la notizia Šeremetev si consultò con il romantico Jakubovič, che gli consigliò di lanciare la sfida.

I contemporanei riportano che fosse stato proprio Griboedov a proporre l’invito e, nella fattispecie, a condurre la giovane donna dall’amico Zavadovskij. Per questa ragione il futuro decabrista Jakubovič si offrì non solo di essere padrino ma di prenderne parte in un duello a quattro.

In un campo alla periferia di Pietroburgo Šeremetev, ferito a morte da Zavadovskij, cadde in terra rotolando sulla neve. L’etichetta esigeva di portare soccorso al rantolante duellista e il confronto tra Griboedov e Jakubovič fu rimandato.

Un anno dopo, nel 1818, Jakubovič prestava servizio in Georgia e Griboedov, diretto in Persia per una missione diplomatica, sostò a Tbilisi. Venne a sapere, o entrambi seppero, di trovarsi nella stessa città, e ciò li obbligò alla sfida. Jakubovič era un famoso tiratore ma a Tbilisi, confuse nelle pieghe della storia le precise ragioni, Griboedov fu risparmiato, ad eccezione del suo dito mignolo, che tuttavia è stato riprodotto con fedeltà vitruviana nella statua a Čistye Prudy, consentendo così a S. G. di spiegarmi la vera natura del realismo al tempo dell’Unione delle repubbliche sovietiche.

 

[…]

Leggi seconda parte