“Che la Russia con te sia lieve e sia crudele…”_3
di Elisa Baglioni

 

I duellanti

(Seconda parte)

(Prima parte)

 

 

капитанская дочь

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[…]

 

Anche il poeta S. G. si è battuto in duello, nell’autunno del 1990, sfidando  V. S. con l’arma che lo stesso conservava in casa. Erano in cucina di amici. Tra i fattori che contribuirono a viziare l’aria, l’alcol, le invidie che covavano da tempo, saltò fuori una parola di troppo e S.G. tirò uno schiaffo all’amico, che replicò lanciando la sfida. Nei primi minuti calò una perplessità generale, non tanto per l’esito irreparabile della discussione, quanto per l’organizzazione che li attendeva. V.S. in questo fu determinante. Sì che c’era una pistola, sarebbero andati a casa sua a prenderla e si sarebbero sfidati in un giardinetto nei paraggi. I padrini accettarono increduli e divertiti finché non si trovarono sul campo del duello e a quel punto intervennero impietriti, ottenendo di rimandare la sfida, ma contando sulle proprietà obliviose dell’alcol.

Il giorno seguente S. G. si svegliò al suono del telefono e all’annuncio che di lì a breve si sarebbe tenuto il duello rimandato la sera prima. Si vestì, uscì di casa e si presentò nel luogo stabilito. Trovatosi di fronte all’amico-rivale, sorteggiato come primo tiratore, S. G. mirò confusamente in terra e poco mancò che non cogliesse il mignolo, questa volta del piede e questa volta il suo. Il tremore alle mani, lo sguardo liquido e fisso alle foglie secche, lo sparo maldestro furono elementi sufficienti a convincere V. S. che l’onore fosse ristabilito.

Capostipite della sfida a duello è Aleksandr Sergeevič Puškin, e a partire da lui tutti gli uomini russi, poeti e non, hanno sognato almeno una volta di battersi e morire sul campo. Un amico, J.C., a proposito di Puškin, mi ha espresso quanto segue. È amato non solo per aver scritto Evgenij Onegin, Pora moj drug pora…, Ja vas ljubil ljubov’ ešče byt možet … ma perché si è battuto, scegliendo la vita all’arte. E come se non si è battuto. Amava sparare e provocava sfide quasi ogni giorno. Seppure cosciente del proprio talento, non aveva mai esitato a preferire la vita, la difesa dell’onore e della famiglia ai tormenti della penna, finché l’ennesimo duello non lo condusse alla morte. Di lui si racconta che fosse straordinariamente vitale e energico, temerario, improvvido e considerasse l’onore un suo personale pregiudizio. Uno spirito libero, tanto nell’immaginazione quanto nell’azione. Anche per questo in cima alla libreria nello studio di S. G. si trovano alcuni oggetti, tra cui una sua foto da giovane, una scultura in bronzo ispirata a una poesia – un uomo-cervo che volge le braccia al cielo – e, immancabile, il busto di Puškin. Era comune in epoca sovietica, come in Italia il crocifisso, tenere un suo busto in ogni scuola.

Lo storico Jakov Gordin riconosce ai duelli un ruolo fondamentale nella storia della società russa, il loro ingresso tra i secoli XVIII e XIX, di fatti, marca il passaggio dalla Rus’ di Mosca alla Russia di Pietroburgo. Nell’epoca in cui la nobiltà cominciò a soggiacere a rigide regole di comportamento, imposte da imperatori dispotici e tiranni, e a una gerarchia modellata sull’esempio dei ranghi militari, il duello segnava uno spazio di libertà nella risoluzione delle dispute private e nell’affermazione del valore individuale.

Le motivazioni per un duello erano le più varie. Puškin, ad esempio, considerava una frase simile: “ma come, siete un poeta e non conoscete questo libro?”  un’offesa sufficiente per gettare il guanto al provocatore.