Sparajurij, Apprendista Stregone
di Luca Mururoa

Era ora di ammetterlo: si stava indietro nella Sfida della Modernità!

Niente sinergie produttive col Mercato, a Sparajurij, indifferenza verso i Quanti (qui si sa contare max fino a 10), niente Start Ups (Sarà lo stress… Ti voglio bene lo stesso, Caro).

Apps? I cataplasmi antireumatici. E poi, ’sta Poesia, ’sta Prosa… Ci incarta il pesce, la ggente, col cartaceo! Ah sì? E allora ci diamo alle biotecnologie eupolitiche! E, come sempre, non ci teniamo. Cloniamo Stalin, Сталин!

 

Sapevamo dell’esistenza d’un anzianissimo dirigente vecchio PCI torinese che, in viaggio-premio come Peppone, in Urss nel ’50, aveva partecipato ad un megabanchetto a Mosca.

Erano, i presenti, i più importanti fedeli-alla-linea dei partiti fratelli, l’URSS aveva da pochi mesi inflitto a Madre Natura la sua prima Atomica, il Puòrco Muòndo Kapitalìst stava dando di fuori perché non era una delle sue, ed il CompagnoStàlin aveva tenuto un breve discorso e lanciato il brindisi (a vodka). Un quarto d’ora ed aveva lasciato la sala.

Mentre il fan club si riprendeva dall’emozione, il nostro Comp.X s’era subito fatto un giro là dove Stalin aveva posato il tovagliolo dopo il brindisi. C’era! Un pelo di baffo staliniano e stalinista! Ce lo diede subito, il baffo, quando seppe della Missione.

 

A Torino c’è un ottimo Politecnico, ed una gran testa della bioingegneria andava alle convenscion del manga con uno Sparajurij. Nell’acceleratore temporale, shakerato il baffo con vodka, succo di pomodoro ed un carro T34 fregato al Museo dell’Auto, tempo un mese avevamo lo Stalin pronto, Bloody Stalin, splendido 40enne. (Già alla nascita, Stalin dimostrava 40anni. Che bel omu!).

Stalin bel omu Nonostante l’insuperabile grado di Stalinità che lo rendeva saggio e tosto, ci voleva un periodo di rodaggio, si doveva insegnargli l’Italiano, aggiornarlo sugli avvenimenti dal 1953 ad oggi (se vedeva Gorby in tv attaccava a bestemmiare, urlando che era colpa sua e dei Niemeciuy ?!?), fargli fare i vaccini, spiegargli di non cercar più di strangolare chi lo contraddiceva. Portarlo per la prima volta nella seconda vita all’osteria & a prostitute – l’educazione dei suoi tempi, insomma… Il Computer? Un ex-bandito/rivoluzionario professionale caucasico, poi dittatore professionalissimo, ce l’ha nella scatola cranica, il pc.

E non per i videogames. Smrt Tròtskuij, hurrà svabòdi, hurrà mascìni, smrt kapitalìsmi, smrt islamismi, smrt Lokomotìvi Maskvui, soprattutto (Stalin tiene per lo Spartak).

 

Lo tenevamo al Lingotto, in un sotterraneo approntato già negli anni ’20 per Lenin, che era un po’ preso e non si fece più vivo. Quasi ogni giorno, un giro in Città (la presa di contatto con le Masse), ovviamente truccato e tinto biondo (ma un paio di vecchi dell’Est quando lo videro quasi svennero – andammo via subito). Uno sbarbato da binge flash-mob lo scambiò per “quello della Birra Moretti”…

Certe notti che non dormiva, saliva su per i condotti fino alla Pinacoteca Famiglione, ed autofinanziava il gruppo. Tutto per la Causa certo – ma ci si preoccupava, Stalin non mi dorme, Stalin non mi mangia (non ne saremmo tanto sicuri…). Stalin mi ha fatto la cacchina molle… E adesso mi si agita, ùggiola… (Alla fine, comunque, uno s’affeziona).

Che fare?

Par mì, a’ vent a fèlu ciulè, a vent a fèlu furgè…”  (“Per noi, il CompaSta sente il richiamo dell’Amore, anche fisico”)  s’espresse la Base, nella persona del compagno Ernesto Ballèro, con antica pragmatica saggezza Operaia Torinese, e accendendosi una Naciu (Nazionale) senza filtro (la traduzione italiana non può restituire alle lettrìci/lettori tutta l’arguzia ed il sottile gioco allusivo del vernacolare). Non era più un cucciolo, quel baffuto batuffolo di Storia che faceva pipì quando lo prendevi in braccio… E scappava poi tornava e ci lasciava sullo zerbino teschi e tibie: “Stalinìno, quelle dei nazi van benissimo, ma le altre, no”.

Ora, dopo il primario richiamo delle ossa, sentiva quello della Carne. Avevamo un problema, naturale.

 

Contattammo Alga, fedelissima ed entusiasta, con foto allegata. Arrivò dopo mezzanotte, in cappottone e stivali, tutto color kakhi. Raccontò poi il compagno Rocco Scorteccia, in missione, nascosto, per osservare e riferire, che l’ancor più-che-piacente starlette lungogambata era nuda sotto il cappotto, a parte le autoreggenti kakhi d’ordinanza Armata Rossa, ed un velo di Stalingrad n°5… E Iddu maschulìssimo jè, compagni! Il giorno dopo, Stalin fece colazione a vodka e salsicce di porco, poi si mise al sole a leggere Lièrmontof.

Alga non si sbottonò. Ma se lo guardava, come Lilli guardava il Vagabondo (♥). “Nje lijubesc muì, mal’cika… Muì Internaszionalìst (da, da…) , nje dòm, nje sjenscina… Idi i smàtri!

E le mostrò l’Avveniristico, glorioso Sole sopra Superga: “Eto moi Bog!”  “Sei del Toro?!?
cuore spezzato

 

Fine d’un Amore? Non sapeva cosa fossero, amore ed empatia, il MarescialloStalin. Ma se ne partì lo stesso in volo nuziale, post-factum e da solo, verso il centrocittà, subito seguito dal drone Sparajurij, un anonimo scarabeo giallo metallizzato, quattro metri di diametro e fornito di tutte le più moderne. Anche la Jacuzzi. S. si posò sulla cupola della Mole, aderendo alla copertura come un geco, e  Sparajurij precettò il Mururoa, che stava al Ne(b)biolo aspettando il ritorno dei Clash, e l’incaricò del recupero-Stalin.

Salendo in ascensore, Muru monitorò dei rumori strani ed inquietanti, quelli delle formiche giganti del Cuneese quando mandùcano un albero, l’impastano nella betoniera buccàle e ci si costruiscono il nido. Con tutta l’irrefrenabile passione dei sempregiovani, Stalin si stava costruendo un Soviet di cemento sulla Mole! Abusivo, ma i vigili, Equitalia etc. non si facevano vedere… Al primo “Lei Non Sa Chi Sono Io!” d’un minchia in balconata, S. aveva replicato: “Eri…” e l’aveva buttato giù sulle macchine transitanti.

Nessuna transazione amichevole.

 

Stalin riconobbe a fiuto il caro ‘Pa-pu’ Muru, che se l’era cresciuto ad omogeneizzati sovok – gusto blinija, e gli leggeva i libri sulla Grande Guerra Patriottica. Lo lasciò avvicinare, ma diede un morso d’avviso alla mano tesa per una carezza. Di nuovo, Che Fare?

Muru cercò di evolverlo dal Massimalismo che più Ma(r)x non si può, a posizioni più moderne, libertarie, leggendo, commentando e chiosando i Sacri Testi del Punk, poi: “Un bel pogone contro il Sistemaaaaahhh!”  Al terzo zompo, la copertura s’arrese, ed il corpulento ex-supergiovane fu risucchiato dal sottostante Museo del Cinema Porno. Cadde spiaccicando una delegazione di Pie Milfs (-ves?) in visita, e si salvò.

 

Stalin, considerando i Tempi non maturi per l’Azione, era sceso in ascensore. Lo aspettava una macchina d’epoca, rimasta murata da qualche parte al Lingotto, e così i tre occupanti, dal 1947. Si sedette vicino al guidatore, gli passarono i giornali del mattino (titolati Nooo! oppure Siii!,  cubitalmente), ed una Walther P38, preda bellica, omaggio della Cittadinanza di Volgograd. Preferisco la nostra Nagant, non s’inceppa mai, chiedetelo ai Polacchi! I compagni risero, un po’ (s)forzatamente…

Davài davài, a Roma!, ordinò Stalin. E per stradine di campagna, siamo in missione.

 

Come pesce in mare, confusa tra le Masse autostradali, l’anonima Stalinmascìna 1945, rosso cupo, targata TO e con a bordo tre tipi vestiti come Amedeo Nazzari, uscì a Ceprano (a sud dell’Urbe ma si sa, l’onda lunga della Rivoluzione necessita di tempi e spazi di frenata particolari). Da lì, col satellitare georgiano, S. trovò un viòttolo georgico che sboccava dritto nell’anticamera della Camera, a Montecitorio.

 

 

Sinteticamente, in Soggettivissima Staliniana (feat. Realismo Socialista):

Stalinìlla!

Stalinilla

Stalin (divisa-giacca bianca da MarescDellUnionSovietica) entra alla Camera.

Massa Deputata: 85% non sa chi sia, forse Il Circo di Mosca?

Parlamentare-Simbolo: i Posteggiatori, nel Piazzale!

Commessi: ’A Zioski, c’hai ’na figlia, ’na nipote?

On. Bold-Bulow: Colleghi Parlamentari! Colleghi!

L’emicìclo tace.

 

Sinistra (…)

Occhi stanchi per la stanchezza del tutto, come le Memorie di E.L. Masters.

Guaiti di crotalo, singulti di colpevole.

Beresano esala l’ultimo Ragassiiiiii…!, come Argo davanti ad Ulisse.

Boscabella s’imbosca (ma Stalin non molesta le donne, le fa giustiziare come gli uomini).

Renzo è in viaggio ufficiale, deve visionare le condizioni delle masse contadine, un frantoio d’inglesi a Casalmassòne – ci giocano lei lui e amici da Londra, nel weekend. Compassati.

Fassìn tenta di avvicinarlo alla socialdemocrazia, S. gli stacca un orecchio.

Dov’èIl Migliore? comanda S., chiamando a rapporto Togliatti. Cento dita da destra, duecento da sinistra gli indicano Gennarino ma: “NON Migliore, dott. Stalin, Miglione ora, Miglione!

 

Destra (…)

La Rossa: prima còlto (non è un ossìmoro) dal Ballo di San Vito – poi scoppia come un raudo.

La Melone: “Mè cojònes!!”

Salvìgnolo si scaglia, ma Joe ‘Boom-Boom’ Stalin lo stende con un gancio (sinistro).

 

Cinque Stelle

Da bravi (ex?) Grillìni (ma sempre parlanti), riconosciuto il Mangiafuoco, se ne stanno fermi e zitti.

 

Stalin Affatàto

Torna la Boscabella, sorridente come il Rinascimento dopo la pulizia dentale. Quando i

contadini li si dava in pasto ai molossi! Gli dòna pacco viveri e maglietta Cam. dei Depu.

S. ci resta di sasso, mai vista ’na tale (bellissima) faccia di bronzo. Nemmeno Ribbentrop.

Va in paranoia, ride, piange. Resta pur sempre un contadino, con una sua, magari sanguinaria, coerenza. Ballèro e Scorteccia se lo portano via, ma gli scappa.

 

 

Odissea Staliniana

Stalin finì a Piazza Caio Cirro, a bere con altri due Russi. Polacchi Rumeni & Moldavi e un Cecèno gli saltarono addosso tempestandolo – Lasciatemi, sono il MARESCIALLO Stalin!!, ma le urla erano coperte da insulti e fisarmoniche di Rom e Sinti, che ballavano e cantavano.

Passava Scàlfari in botticella, e con prontezza difese la democrazia italiana, raccogliendolo, impacchettandolo e vendendolo su E-Bay ad un collezionista sino-americano. Dopato e racchiuso in uno tra i tanti generosamente incontrollati, spontaneìsti sino-containers che amano il sole del porto di Napoli, S. arrivò a New York, dove Mr.Ciang, futuro Governatore di Prato (Xinxang), lo mise in mostra al Circo Americano. Come King Kong, in gabbia.

 

Accorse Trumphio, accompagnato da mogli e figlie che non avevano più vita negli occhi, e gli buttò le noccioline, L’America sa essere generosa, commie, uahahah… Stalin prese al volo la prima e, rilasciando il dito medio caricato dal nervoso e frenato dal pollice, la sparò come una biglia, cecàndogli un occhio. Nessun reclàmo, in bella vista il cartello ammoniva di Non dar da mangiare agli Stalin. Anzi, l’ex-buontempone ora guercio dovette pagare una multa.

It’s MY business, and MY Stalin! – fu chiaro, Mr. Ciang. Ma mi avevano innervosito lo Stalin.

Che prese a sputi diversi visitatori-paganti, gli Intelligentsija di Kosce Village, le lesbo-global (Curvuj, curvuj!), quelli dell’ONU (che non poteva soffrire – anche se dopo il novembre 1989, nulla lo faceva più soffrire) e tutti i bbravi rragazzi alla Jersey Shore, zarronipoti del Padrino.

E i KKK. E i neri del gangsta (Stalin era per la Soul Music – nel senso che ti faceva rendere l’anima). E i POLACCHI! I nativi americani no, Stalin era un grande fan del Western, da piccolo a Carnevale si vestiva sempre da Cheyenne. Da grande, a Mosca, gran battaglie a gavettoni di lacrime con Berija, che faceva la giubba-blu cattiva, cattivissima, e Molotòf, che faceva il missionario e le pigliava da entrambi. Ma i buoni vecchi ‘indiani’ erano l’eccezione.

Venne Ophrah Winfrey ad intervistarlo: “Che avete da dire sui diritti delle minoranze?” Dopo cinque minuti, per fermare risate e singulti che lo stavano soffocando, le guardie dovettero bastonarlo. Stalin riprese fiato, con occhi divertiti. Ma quando il Guardiano inglese (“Fatemi entrare in gabbia, non temo il confronto d’idee”) volle sapere se il Marescia riconosceva i propri ‘errori’ e volesse chiedere scusa per i danni arrecati al progressivo avvicinarsi del Mondo al Perfectly Correct, Stalin gli scoperchiò la scatola cranica con una zampata ursina, e ne assaggiò il cervello. “Il modo migliore per comprendere le ragioni degli interlocutori”, spiegò a Gianna B. del TG Three, che smessi i panni di prèfica prima, Hillariàna poi, aveva ritrovato il giaccone, la sciarpa rossa (non viola) e l’impeto dei giovanili anni genovesi, sanguigni e sanguineti. Fu lei a contattare ciò che restava del MovComInternaz.

 

Il Fidèl pròdigo, rasato e pentito, Hugo “Porquè no te callas” Chavez travestito da coca-pusher (il modo migliore per passare inosservati nella Grande Narice) e Lula, travestito da viado, riuscirono a liberarlo. Non fu difficile, il personale del Circo, guardie comprese, era assorto nella contemplazione del proprio marchingegno di controllo wi-fi. “Ed ora ti portiamo a Cuba, Lìder, dove sarai al sicu..” SCIAFF! e giù ceffoni “Cane revisionista, lacchè dell’imperialismo, Diobog d’un Diobog!” Lo abbandonarono ai bordi della highway, come un cane che non serve più, con un Big Mac ed una Perrier (per non rischiare d’essere sued per pubblicità negativa dalla Pepsi o dalla Coca-Cola).

 

“¡¡De Puto Padre y De Puta Madre!!”

Venùsta Del Rojo, zorra callejera e cinemàtica, decàna PuertoRricana del filmetto USA, lo riconobbe subito (Puerto Rico non è Ohmygodville, Indiana – la politica internazionale e storica la conoscono eccome). Piantò una tal frenata che per poco un camion di clandestinos non la tamponò. “ Que Guapìssimo y Machissimo!!” Gli sorrise, come display al fosforo dall’autoradio di un gommone (a 60+, la Signora due ritocconi al già moltissimo li aveva dati) e se lo portò a Spanish Harlem, nella palazzina (leopardata) che ospitava un po’ di tutti/e, ma soprattutto i suoi Studios personali. Stalin era di nuovo fuori, non sapeva, non capiva ’ste

donne di oggi. E non aveva ancora rivisto la Patria Russa… Lungo la strada, un posto di blocco – “Cool, Toposkij, ‘THE MAN’ cerca solo neri e hispanici, io Portoricana sono cittadina USA, e tu sei Caucasian che-più-Caucasian-non-si-può, no?”.

 

In Rete non si parlava d’altro da una settimana. Del nuovo dvd (prendètene e rippàtene tutti…): “Il (Piccolo?) Padre”, feat. STALIN (!!) e la Del Rojo, rediviva e recidiva, ma in formissima. Stalin (ehm) inutile dirlo… non deludeva. Ma aveva l’occhio spento, non era più Lui, quando emergeva dallo stagionato, esperto blobbo-femmina dall’indicibile particolarità anatomica. Dall’Italia, Terra di Sante Navigatrici & Papponi, arrivò subito la proposta d’una prima serie: Stalin e la Banda Dandy, Stalin Alessandra & Daniela… con la Duce e la Dechè (bizzarre) – per finire con un impensabile, boccaccesco gay-friendly “Formaggio & Fichi per Stalin & Nicky” – feat. Platinatto (Lo Gatto Guardone) e Mary Filippo (Zio Gnègna). E qualche palandranato (che aveva sbagliato fascia d’età ma… mah sì, per ’na volta…)

 

Quando finalmente, dopo l’ultimo orgasmo quotidiano od una performance di lap-dance ad una festa di petrolieri e petroliate, lo lasciavano solo, sdraiato in una stanza di motel e dopato, Stalin si addormiva, pensando alla GenA ed al GenBi (la pecora Dolly & Sparajurij).

Sintonizzato su Radio Moskvà per il РУССКИЙ РЭП, Stalinìno sognava di rappare coi Гуф:

Stalin rap