Fenolo

di Frankie Fancello

phenol-1024x495tutto va per il meglio nel peggiore dei mondi possibili”

(Dino Campana)

(Movimenti I-V di XI) 


I

Quattordici anni sedici ore e diciassette minuti dalla morte di Allen Ginsberg:

trattengo i miei polsi nella tasca 

un occhio chiuso che s'affaccia

     verso case nostalgiche a Paris,

in questo quieto vivere che pare indefinibile

scovo risposte 

come se aspettassero milioni di cose 

                             perse per sempre

per immettermi nel mondo 

                       con un urlo penetrante

nell'odore infermieristico che ricorda il tuo carattere

il rimedio è cambiare stagione:

con l'arrivo dell'inverno 

verranno le nebbie

per mancarci ancora un po'.



II




I corpi di migliaia di morti fuoriescono dai pannelli pubblicitari:

sono i nuovi giovani caduti sui manifesti rossi

hanno nomi e cognomi diversi 

                           da altri nomi e cognomi

ma come l'uomo ortodosso 

devono reinventare parole per rendersi affidabili

essere puntuali e altre cose

proclamare abolizioni scientifiche e demografiche

spirituali e costituzionali

annunciare la fine della velocità per spreco di tempo

fare guerra su ogni strada su ogni terra

addormentati su letti di luci e capezzoli

annunciando la fine di un'era

                che non capiremo arrivare



e così ce ne andremo sulla luna

le nebulose si espanderanno

e ci mancheremo un altro po'.

 

III



Con l'arrivo del nuovo millennio 

indago 

in modo assoluto e accurato

la viabilità dei miei pensieri

e li intrico in un vortice pittorico 

che serve alle future generazioni da esempio

facendo di ogni colore una singolarità splendente

isolando le sue qualità straordinarie

serve del primo dio che passa

                   con delle misere bandiere;



chiamatemi cercatore di bellezza se potete

questo già racchiude 

un corpo 

una vita di sesso speciale

degli schiavi cacciati con nomi erranti

                  che smuovono coordinate

donne in cerca di occhi che ballano in fondo alla stanza

accompagnate dal senso tipico di aver viaggiato troppo 

                                   per vedersi invecchiare maritate

lasciando l'appartenenza ad un ricordo 

ad uno stato nuclearizzato

ad una serie di elenchi che non appartengono all'umana umanità.



IV 



Così di accesa debolezza si lasciarono andare

suoni indefiniti 

scelte sbagliate 

pillole di sonno asmatico 

assoli interrotti da brevi risate

piazzando un sortilegio per difendersi al meglio contro i raggi ultravioletti 

fallendo incredibilmente come poeti per riconoscersi come esseri viventi 

(sembrare uomini d'oggi e soli nascenti)

per abituarsi all'estinzione della classe

dove ogni solitudine s'accompagna

irreale e irrequieta

personalizzando l'universo in modo autonomo e specifico

in una sardana demoniaca

pericolosa e violenta 

ma che ricorda di dover dire “grazie”

per quello che vede e non le appartiene.



V



L'idea allora si sgretolava all'avanzare della luce attonita

grazie a termini strategici tipici di una poesia:

delicato lascio che i gemiti del mondo 

penetrino tra le costole e si slancino

nel cielo selvatico

nel riposo dei silenti 

in un ricovero attento

in amori destinati a non durare

come chi, del resto 

è alla fine della specie.