Atti impuri per l’estate (e non solo)

Zitto zitto, sempre più bello, sempe più prezioso è arrivato il nuovo numero di Atti Impuri… sarà l’ultimo? Se non lo trovate ancora in libreria scrivete a noi per poterlo leggere sotto l’ombrellone e scatenare l’invidia dei vicini…. Eccone, intanto, la nostra presentazione:

Atti impuri, vol. 9 – Editoriale

Atti impuri, vol. 9Varrebbe la pena rubare qualche verso a Pablo Neruda (Pido silencio) per restituire almeno una vaga, sia pure confusa, parvenza del turbinio di sentimenti che ci animano oggi nel dare alle stampe quest’ultimo (o quasi) numero di Atti impuri. A costo di sembrare scontati, sentimentali, forse addirittura melodrammatici, ma insomma cosa importa, resta pur sempre una poesia meravigliosa, con quell’attacco lapidario che recita: «Ora, lasciatemi tranquillo / Ora, abituatevi senza di me». Un commiato, un composto congedo; e allora eccoci qui: dopo un felice percorso durato una mezza dozzina d’anni, Atti impuri, come tutte le cose vive e dunque decomponibili, potrebbe andarsene altrove. Sarebbe una scelta velatamente sofferta, ma allo stesso tempo gioiosa, leggera, dettata anche da un perverso bisogno di futura nostalgia e non soltanto dai mille, inevitabili, problemi (logistici, economici, poetici) incontrati lungo il cammino.
In ogni caso, la presunzione di aver fatto un buon lavoro, unita alla speranza che di questo immaginato e immaginario luogo resterà comunque qualcosa, ci rende felici e orgogliosi di essere riusciti ad arrivare fin qui, con un volumetto popolato da voci eccellenti unite fra loro da quel magmatico, strabilioso, filo rosso che è l’anomalia, l’impurità: a partire dal raffinato e sorprendente testo d’apertura, L’Usignolo parigino di Giorgio Terrone, seguito dagli scritti fabbricati da Tommaso Ottonieri e Ada Sirente, insieme a Beppe Sebaste e Lorenzo Esposito, per il progetto Espace(s), che l’anno scorso ci ha visti coprotagonisti nel decimo numero dell’omonima rivista francese a cura di Philippe Di Meo; per continuare poi con due prose veramente inedite del grandissimo poeta tedesco Durs Grünbein, accompagnate da una lunga e preziosa intervista, arrivando infine a chiudere con una silloge di versi finora sconosciuti di Aldo Nove.
Chiudere o non chiudere, si diceva. Soprattutto chiudere – allegro paradosso – senza concludere, programmando una ben stramba quanto cialtronesca resurrezione. Premorti, insomma, e quasi risorti. Magari non proprio immortali, ma almeno immorti.

 

L’indice del volume:

  •  PROSE
  • L’usignolo parigino di Giorgio Terrone
  • Dai silenzi delle galassie, di Tommaso Ottonieri
  • Stellarium, di Ada Sirente
  • Scrivere con le mani, di Beppe Sebaste
  • Orizzonte verticale, di Lorenzo Esposito
    • I russi alle porte di Dresda, di Durs Grünbein
      • L’orologio della scuola, di Durs Grünbein
    • INTERVISTE
      • Conversazione con Durs Grünbein, a cura di sparajurij
    • POESIE

Il mondo materiale, a cura di Francesco Ruggiero

Poesie da La merce invenduta piange, di Aldo Nove