Fabio Mollo, Il sud è niente
di Francesco Ruggiero

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Sciatu méu

Fiato mio che si rompe e pazzo furioso jastìma; fiato mio che dallo scirocco non vuoi scappare, respiri senza misura a un’andatura sbagliata, strafottente in bilico sui motorini. Come uccelli di passo che cercano correnti e squadrano la costa. Nere pupille a precipizio sulla riva. Lo Stretto è scosso dai venti e ha l’aria di uno specchio in frantumi. Non un angolo ha il verso giusto e sfiorarlo fa male. L’acqua fugge poi torna senza regolare nulla, lasciando la sabbia sulle reti, il sangue sui piedi. Si bagnano le mani che cercano i pescispada, a contatto con l’onda, a bordo di una barca pittata, metà picchiano metà s’inabissano. Il fondo protegge a intervalli i caduti. Fiato mio, cosa fai in compagnia di fantasmi verticali sul ciglio della strada, con i ferri d’attesa e la calce a vista. Aspetti che passi il santo, aspetti i suoi occhi di vetro e le croci di legno. Aspetti che vada a schifìo. La notte in questo posto viene fuori dal mare, trasparente e salata, s’aggrappa agli scogli, conquista il porto si avventa sui teschi e sugli scheletri strambati dalla corrente. Si prende le anime senza esche e senza amo. Fiato mio pazzo furioso ferrìa, e se hai stutato candele, sconfiggi la malanova fottitura di una notte musicale partorita dal vulcano.

Appunti a margine del film di Fabio Mollo. Una visione che si affaccia sullo Stretto di Messina senza cadere.

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La redazione di Atti impuri