La lettera
di Stefania Miccolis

la lettera 005 Se trovi una lettera nel cestello della bicicletta puoi pensare che qualcuno l’abbia messa lì di proposito per far avere un messaggio, ipotizzi che una persona l’abbia raccolta da terra e l’abbia gettata casualmente nel cestello, o che sia caduta dal balcone di un palazzo, mentre una scopa spazzava la polvere; credi anche che qualcuno abbia fatto un trasloco e che la lettera sia scivolata dagli scatoloni o ancora peggio che la persona a cui è rivolta non ci sia più e i parenti l’abbiano buttata via insieme alle altre per disfarsene. Infine puoi pensare semplicemente che il vento l’abbia portata lì… certo con un soffio molto particolare potrebbe essere salita prima su un albero, poi caduta su una panchina per strada, aver saltato da un marciapiede all’altro e ancora, risollevata dal vento, aver terminato la sua avventura nel cestello della bici.
Una cosa è certa, quella lettera era proprio lì, e qualunque sia stato il modo in cui è finita nella mia bicicletta, il caso ha voluto che la trovassi io. Era aperta, un colore giallognolo, e una carta da busta molto sottile, quasi velina. Tanti francobolli rappresentanti un soldato a cavallo, e un indirizzo bene in vista. Speri sempre che qualche innamorato l’abbia scritta per te, o che un tuo amore passato voglia scusarsi e ritornare, ma sai bene che le lettere scritte a mano appartengono ad altri tempi o a quelle anime pure, romantiche e ricche di spessore umano che oggigiorno è proprio difficile trovare. La lettera non è rivolta a me, inizia con un “Luciana cara”. Insospettisce quell’inizio così garbato, quel posticipare il “cara” non sembra dell’epoca attuale e vado subito a veder la data in alto a destra: 20 agosto 1957. La rileggo per esserne sicura, e comprendo che ho fra le mani un pezzo di storia. Sono quattro pagine scritte fitte, grafia comprensibile, ordinata e un italiano aulico e forbito. Per un attimo credi anche a uno scherzo, poi, man mano che leggi capisci che quello che è scritto è difficile da inventare e il sentimento d’amore che anima le carte è molto forte. Le parole poi appartengono al periodo in cui gli uomini erano ancora in grado di corteggiare gentilmente una donna usando un linguaggio elegante, articolato e speranzoso, tipico di quell’amore che si deve ancora concretizzare. La storia si arricchisce di elementi fascinosi.
la_lettera_009[1] Mentre leggo sento, come in un film, la voce di Carlo, il mittente, e la sento immaginandomi le scene che descrive con tanto garbo. Lui si trova al Cairo, con tutta la famiglia, se tarda a risponderle è per un “fenomeno strano di depersonalizzazione delle sue giornate egiziane”. È in veranda mentre tutti dormono: “un alitare tiepido della brezza, un lontano modulare di una nenia araba, le luci delle immense autostrade a raggiera, e l’assenza assoluta di rumori di motociclette o macchine”. Carlo studia medicina ma fa fatica con tutta quell’afa ed è sempre “madido di sudore” nonostante i ventilatori. Una breve descrizione del tempo: “di mattina cielo grigio di nuvole basse, ed un gocciolar minuto dell’aria. Il solleone spazza tutto in un’ora e spadroneggia e schiaccia e svuota, persino gli avvoltoi che non avvolgono più il cielo nelle larghe spire dei loro voli, ma rimangono acquattati ed immobili nell’erba spessa dell’ippodromo sotto casa, continuamente annaffiata.” Il caldo è “anemizzante” ed è per questo che lui sente una “invincibile forza d’inerzia” e vuole solo dormire: “pesante ed intorpidito il pensiero, pesante e gonfio d’acqua gelata il corpo”.
È alle prese con un esame di patologia chirurgica, “un annuario telefonico…veramente scoraggiante, analitico, e confuso, stipato di nozioni ad ogni linea delle sue mille pagine”, e poi si lascia sfuggire: “Pulcina, tanta tenerezza sento in me per te”. Ecco che comincia a corteggiarla: “Penso con desiderio al mio ritorno a Roma…Pulcina , se tu sapessi come vorrei essere con te in questo momento e spesse volte nelle mie giornate mi è dolce il fantasticare al mio ritorno, ed a serene gite. La tua presenza è dolce, serena, semplice, naturale, affettuosa. I miei vent’anni sono stati un lungo e meraviglioso sogno”. Si capisce che i due protagonisti sono molto giovani e che Carlo deve dare ancora molti esami universitari. Dopo avere descritto una non facile situazione familiare in cui cerca di mantenere la pazienza e di creare una atmosfera distesa, ecco che il desiderio di rivedere Luciana riemerge. Scrive altre parole dolci col ricamo del mondo egiziano del quale lui è spettatore ogni giorno, ma da solo: vorrebbe invece godere questo spettacolo così fiabesco proprio con la donna che ama. Il film ricomincia: “Tante volte, nei miei tragitti cittadini, ti desidererei vicina per sorridere delle tue sorprese: dalle donne accovacciate in tram che allattano senza vergogna, alle capre incolonnate che attraversano i vialoni moderni, sotto le bastonate di beduine in veli neri, facendo sostare le pesanti macchine americane, alle donne velate, agli uomini in pigiama per le strade”. Poi ritorna il clima e la natura: “il firmamento di sera è sempre nitidissimo” “solcato da stelle filanti”. Lo stile di vita sotto le Piramidi è inconcepibile nella vecchia Roma: “Splendidi neri possenti, in ‘oftan’ argentati e larghe cinture rosse, servono una cena pantagruelica nei giardini illuminati, sotto le palme e la lussureggiante vegetazione africana”; e lui vede “crepuscoli elettrici, densi, intensi”. Insomma Carlo ha troppo da raccontare in viva voce a Luciana e conclude con un “A te il mio pensiero il più affettuoso e sereno”.
la_lettera_008[1] Ora se continuassimo con il film i finali potrebbero esser diversi. Che Carlo non riesca a tornare a Roma, che magari incontri un’altra donna; che la lettera non arrivi o che Luciana non l’abbia mai ricevuta, (pare intatta, non sembrano passati quasi sessant’anni); che quindi Luciana sentitasi abbandonata abbia trovato un altro uomo. Ma a noi piace pensare che invece questa storia abbia il lieto fine hollywoodiano che si merita. Una forte felicità da parte di Luciana nel leggere parole così dolci e intense, altri scambi di lettere in una attesa febbrile e finalmente l’incontro agognato dei due protagonisti.

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La redazione di Atti impuri