Dio e io
di Gianni Papa

Papa_suoraFrancesca è la suora amica di mia moglie. Una donna di circa 48 anni, piccolina, con il naso strano, gli abitini scuri e molto laici, più da mercato strapaesano che da boutique.
Venerdì è venuta a casa, come sapete (l’avete vista e sentita sicuramente salire: soprattutto sentita, perché ha quella voce sempre squillante che si fa notare subito). Abbiamo mangiato il riso con i gamberetti, la polenta con la salsiccia e le polpette al sugo. Soprattutto, abbiamo bevuto tanto.
Abbiamo bevuto la sangria del discount, quella nella bottiglia di plastica. Abbiamo bevuto l’Aglianico, il Rosato salentino e il Chianti DOCG.
Alla fine, eravamo tutti e tre ubriachi: soprattutto io.

Francesca era venuta a trovarci con la sua Smart ma mia moglie non se l’è sentita di farla guidare al ritorno.
“La accompagno” mi ha detto “così mi assicuro che si metta a letto”.
Dopo che sono uscite, forse avrei dovuto proporle di accompagnarla io, ma non me la sono sentita. Mi sono preparato la macchinetta grande del caffè, quella da sei tazze. Solo il caffè riesce a farmi riprendere, quando bevo troppo.
Il caffè è salito, l’ho messo nella tazza grande da cappuccino. L’ho sorseggiato piano. Mentre lo bevevo e mi sentivo già meglio, ho notato che sul divano c’era un cellulare.
Francesca aveva dimenticato il cellulare!
Sono andato a prenderlo. Già mentre lo guardavo mi è salita la noia. Era un Asha 201, un telefono dozzinale.
Sì, certo, ha un tasto dedicato a Whatsapp… ma io avevo sperato di trovarci qualche applicazione divertente con cui passare un po’ di tempo.
Clicco sul tasto di Whatsapp, appunto. Mi aspetto che Francesca abbia impostato una password per sbloccarlo o che sia spento e ci voglia il PIN. Invece si accende subito.
Do un’occhiata ai suoi contatti e scopro qualcosa. Tra i contatti – insieme a Iris (mia moglie), suor Fabiola, suor Claudia e frate Alberto da Larciano – c’è nientepopodimeno che Dio.
“Ahahhahhaha” rido “Dio!”
Premo “Ok” per aprire la chat con Dio. Chi sa che non vi trovi qualcosa di interessante. Magari dei vecchi messaggi in cui lei confida al Padreterno che sta perdendo la vocazione.
O magari “Dio” non è altro che il nick segreto di un suo amante e sono in procinto di scoprire una proibitissima chat erotica?
Trovo tantissimi messaggi. Li scorro velocemente. Niente di erotico, purtroppo.
Ne leggo alcuni qui e lì, a caso:

Il fatto di sapere che esisti e di essere in contatto diretto con te mi fa essere la migliore delle suore.
Non pentirti, sorella, perché la vera santità è non pentirsi.
Non avrai altro Dio all’infuori di me.
Io sono il Signore Dio tuo.

Pazzesco: la conclusione a cui giungo, mentre continuo a bere caffè e divento sempre più lucido, è che ha intrapreso un gioco ecclesiastico-perverso con qualche suo amico o amica.
Oppure che qualche idiota senza scrupoli la sta prendendo in giro.
Così, anche se è tardi e non mi aspetto una risposta, decido di provare il tutto per tutto e scrivere anche io un messaggio al Padreterno.
Anzi, sto per scriverlo, ma mi blocco. Ho letto gli ultimi messaggi: parlano di me e mia moglie.

DIO: Le persone da cui sei a cena non credono in me. Lei ci credeva, ma ha smesso di farlo quando ha scoperto di non poter avere figli. Lui non ci ha mai creduto: da piccolino veniva trascinato a messa dai suoi genitori e il sacerdote lo faceva sedere a sinistra dell’altare insieme a tutti gli altri bambini del paese. Al suo paese suonavano “Alleluia alleluià” e “Santo il signore dio dell’Universo” con le chitarre elettriche.

La coincidenza mi stupisce. Soprattutto per il particolare delle chitarre elettriche. Me lo ricordo benissimo.
Bevendo caffè nero bollente, comincio a scrivere un nuovo messaggio.

IO: Ciao, ho un dubbio. Condizionato dal marito della mia amica, sto perdendo la fede. Dimostrami che esisti.

Ridacchio: penso di aver scritto un messaggio molto intelligente. Però non mi aspettavo una risposta così pronta.

DIO: La tua fede non è in pericolo: io leggo nel tuo cuore. Tu sei pura. Magari bevi un po’ troppo, ma sei pura.

Ecco: ho dimostrato che Dio non esiste. Se esistesse, lo avrebbe capito subito che non sono Francesca. Oppure mi avrebbe fulminato per dimostrarmi che non si scherza con certe cose.
Hiihihihihi come mi sento intelligente!
Scrivo.

IO: Dio, illuminami!!! Ho bisogno della tua luce!!!
DIO: Francesca!!! È notte!!!
IO: Dammi solo un segno!!!
DIO: Dormi.
IO: Uno solo. Ti prego.

Bevo caffè e mi sento veramente bene: tutti i litri d’alcool che ho buttato giù sono come svaniti. Anzi: questo finale whatsappato è la parte più divertente della serata.

IO: Ti prego, dai. Un miracolo piccolo.
DIO: Va bene.
IO: Davvero?

Non ci posso credere. Mi ha risposto di sì.

DIO: Adesso vai in bagno e apri il rubinetto. Uscirà acqua blu.

Questa non me la aspettavo proprio: acqua blu!!!
Me ne sto seduto tranquillo: è vero che il caffè fa miracoli ma è pur sempre tardi e vengo pur sempre da una sbornia colossale.

IO: Incredibile!!! Ho aperto ed è uscita acqua blu!!!

Ridacchio, anche se già sento che il gioco sta diventando noioso e che presto me ne andrò davvero a dormire, nonostante il caffè. Questi giochi da suore caste possono essere divertenti per un bimbo: mi avrebbe solleticato molto di più qualcosa di sport. Che ha fatto la Juve?

DIO: Non ti sei alzata dal tavolo!
IO: Come lo sai?
DIO: Lo vedo. Il rubinetto è chiuso.

Allora mi alzo, non so perché, e ci vado davvero, al rubinetto. Apro.
Dal rubinetto esce acqua colorata.
Blu, precisamente.
Non è possibile!!!

IO: Non è possibile!!!
DIO: Cosa non è possibile?
IO: L’acqua è blu è per davvero!!!

Trovo subito una spiegazione razionale. Deve essere successo qualcosa alle tubature del nostro palazzo e la persona che finge di essere Dio è il signor Pellegrini, quello del sesto piano.

DIO: La tua fede non ha mai vacillato: perché ora vacilla? Non credi che sia stato io a colorare l’acqua?
IO: Dammi un altro segno…

Ormai non bevo più caffè e non sono più obbligato. Forse dovrei lasciar perdere. Forse è uno scherzo della televisione. Mi stanno riprendendo. C’è una telecamera nascosta da qualche parte.

DIO: Sì. Però è l’ultimo. Ma devi aver fiducia in me.

Mi fa ridere anche solo la lontana ipotesi di dover avere fiducia nel signor Pellegrini.

DIO: Vai al balcone, scavalcalo e lanciati nel vuoto.

C’è ancora un bel po’ di caffè, ma mi sa che lo conservo. Lo riscaldo domattina nel microonde. Come un automa mi dirigo verso il balcone. Guardo giù.

IO: Dammi un altro segno, prima di convincermi a fare un gesto simile. Non posso buttarmi nel vuoto solo perché me lo hai scritto su Whatsapp.
DIO: Ma non ti farai nulla.
IO: Siamo al quarto piano!
DIO: Tranquilla! Non puoi morire: ti prendo al volo.

Beh, che dire? Che pensare?
Metto il telefono di Francesca nella tasca posteriore dei pantaloni, scavalco il balcone e mi sporgo nel vuoto, mantenendomi alla ringhiera. Il cielo nuvoloso comincia a tuonare.
In fondo non sono mai stato un tipo così attaccato alla vita e non ho mai avuto paura di gesti estremi.
Mi lancio.

DIO: C 6?

Quello che non avevo ancora scritto è che ci sono dei lavori in corso. Proprio sotto al mio balcone, c’è un grosso cumulo di sabbia che gli operai stanno usando per il cappotto del palazzo, per lo stucco o qualcosa del genere.
Cado di fianco, rotolo e mi sporco, ma non mi faccio nulla. Magari avrò qualche livido, dopo, ma niente di più.
Forse – però – si è rotto il telefono: la caduta è stata comunque violenta. Lo cerco nella tasca posteriore. Lo prendo e… funziona.

DIO: C 6?

Il cielo tuona. Il freddo si è intensificato.
Improvviso, il rumore di un motore: sta tornando la Citroen C1 rossa di mia moglie. Mi illumina con i fari.
Non realizza che sono caduto dal nostro balcone: mi guarda e apre il finestrino. Chiede:
“Che stai facendo?”
Le sorrido.
“La tua amica ha lasciato il cellulare qui. Tieni”
Glielo porgo.
“Ah… Era ubriaca fradicia… Domattina le telefono e le dico di venirselo a prendere. Oppure glielo porto io”
Un tuono. Sulla mano mi cade la prima goccia.
Non ci credo!
Poi ne vedo un’altra sul vetro anteriore della Citroen. Mi accorgo che anche mia moglie è stupita. No, no: non è possibile. Gocce così blu e così fluorescenti, in piena notte, non si erano mai viste.

La aspetto mentre mette la macchina in garage. Poi risalirò con lei.

DIO: C 6? C 6? C 6 o non C 6?
IO: Non ci sono. Piove acqua blu.
DIO: Ti basta come prova?
IO: Dov’è il trucco?
DIO: Guarda tua moglie. Sta uscendo dall’auto. Adesso viene verso di te sorridendo. Nel momento in cui ha fatto il settimo passo, finisce il mondo.
IO: Che? Non è possibile! La smetta, Pellegrini!
DIO: Te lo ripeto. Nel momento in cui ha fatto il settimo passo verso di te, finisce il mondo.
IO: Ho capito. Questo gioco è durato pure troppo. Domattina vado a sporgere denuncia contro lo stalker che tormenta suor Francesca. Prendersela con una suora. solo perché è propensa a credere alle stronzate è davvero un…

FINE

 

 

Gianni Papa è nato a Caserta, ma vive in Lombardia, vicino all’aeroporto di Malpensa. Come lavoro, fa l’insegnante di sostegno. Ha scritto il romanzo di prossima pubblicazione Reperto occasionale – sull’autismo – e ha appena completato un secondo romanzo, distaccandosi dal mondo della disabilità – che conosce da vicino – e rivisitando il mito degli Zombie.