Da Il male
di Massimiliano Santarossa (in libreria dal 6 novembre)

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Il nuovo romanzo di Massimiliano Santarossa si intitola Il male e sarà distribuito in libreria da Hacca edizioni a partire dai primi giorni di novembre (non casualmente i giorni dei morti). Pubblichiamo qui un breve estratto del viaggio sulla terra compiuto dalla voce narrante del romanzo, Lucifero, per esplorare il mondo dei “dannati in vita”. Come già in Viaggio nella notte (Hacca, 2012) e in altri libri di Santarossa, anche ne Il male sono ritratte le periferie e la vita quotidiana delle nostre città, dove si trascinano le esistenze ben poco umane di esseri tanto simili a noi, vittime dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e del dominio dell’economia (crisi o non crisi). La terra appare un vero inferno perfino a Lucifero.

 

L’uomo blu conduce il mezzo d’acciaio all’interno del lago d’asfalto. Moltitudini di auto si mescolano nei colori nucleari: grigi metallizzati, bianchi perlati, neri luccicanti, rossi e gialli e verdi abbaglianti. Tutte le tonalità della continua esplosione atomica che ha generato questa distesa di ferro e di motori e di olio e di liquidi e di ingranaggi e di nervi elettrici; spianata silenziosa di abominevoli esseri immobili, illuminati nelle carcasse dal sole pallido, in attesa dei padroni divenuti a loro volta schiavi di produzione. Metallo che attende la propria carne, quanto la carne desidera il proprio metallo. Lo stesso amore. Lo stesso destino.
La stessa fine.
L’auto si ferma al centro del parcheggio. L’uomo blu ne spegne il cuore. Scende dalla carcassa. Passo dopo passo attraversa il lago di asfalto. I piedi si arrestano al principio dell’enorme balena di cemento. Luogo inumano, dove il peccato viene prima assolto e subito rigenerato in altro peccato, dove il sudore è solo sudore, la fatica solo fatica, i gesti meccanici solo gesti meccanici; balena portatrice della profezia che qui, nel mondo, in questo mondo, dopo millenni si perpetua nella dannazione interminabile: il viaggio ad infera che tutti devono compiere, ogni istante, minuto, ora, giorno, mese, anno, ogni vita.
Le mani dell’uomo blu si aggrappano al maniglione ruggine della bocca di ferro, grande voragine senza denti che si spalanca sul mondo aprendo la via alle tenebre della fabbrica, altissima porta da aprire dalla destra alla sinistra, ogni mattina da sempre e per sempre, così da aiutarla nel suo compito di bocca che accetta e ingoia e divora i corpi di uomini chiamati operai di produzione, uno dopo l’altro, uno dopo l’altro, uno dopo l’altro, in mille moltiplicati a mille, tutti disposti in file silenziose, lineari, perfette, subumane.
Le braccia dell’uomo blu tirano.
La grande porta si apre.
Io e lui siamo dentro.

 

Qui niente parla col suono della vita.
Qui tutto urla il canto della morte.
I macchinari vibrano, respirano, chiamano. Le grandi presse vomitano olio emulsionato sui piccoli corpi umani, tutti piegati, tagliati, sporchi; il liquido dei meccanismi ferrosi entra così nella pelle, la gonfia, si mescola al sangue, la destruttura, ne modifica ogni atomo, fa ammalare l’organismo, esplodere nei tumori più diversi, devastanti. Le enormi piegatrici vogliono essere governate dalle mani per divorare la carne delle dita, per staccarne le unghie una a una. Le lunghissime linee di trasporto pretendono le braccia e le gambe di decine e decine di uomini blu, per sentirne il sudore, la fatica, nell’attesa di prendere le carni tra gli ingranaggi, e spaccarle, stroncarle, sbranarle. E così le saldatrici. E così i trapani. E così i martelli. E così le viti. E così le chiavi. E così il metallo che ci sovrasta, l’asfalto che ci sostiene, il vetro che ci circonda. Tutto qui dentro parla della schiavitù dell’uomo sull’uomo e dello sfruttamento delle macchine sui corpi.
La storia dell’umanità è divisa in tre età.
L’età del padre, già avvenuta.
L’età del figlio, già avvenuta.
L’età dello spirito, ora.
E in questa ultima, in cui dai cieli esigevano il trionfo della spiritualità, vi sarà la negazione dello spirito stesso, perché nessun essere vivente lo riconoscerà, e così, presto, verrà il giorno della vittoria assoluta delle macchine di solo ferro sull’uomo di sola carne.
Ma oggi, in fabbrica, non è giornata di lavoro, perché questa mattina accadrà altro. Verrà la resa dei conti. Lo sento dall’anima dell’uomo blu, lo percepisco dai suoi pensieri, profondi, irraggiungibili. Ciò che lo attende lo sa da tempo.
E oggi è il giorno della paura.
Il giorno della perdita.
Il giorno della fine del lavoro.

 

Massimiliano Santarossa è nato a Pordenone nel 1974. Ha pubblicato Storie dal fondo (2007) e Gioventù d’asfalto (2009) con Biblioteca dell’Immagine; Hai mai fatto parte della nostra gioventù? (2010) con Baldini Castoldi Dalai; Viaggio nella notte (2012) con Hacca edizioni. Il male è il suo nuovo romanzo che uscirà il 6 novembre 2013 sempre con Hacca.