Carne
di Elisa Botticella

botticella atti impuri Era un giorno di vento forte quando Carletto scivolò giù dalle scale. Picchiò la testa contro uno scalino e svenne quasi subito. Non ebbe tempo di emettere alcun rumore, morì pochi minuti dopo. Lo trovarono esanime che ancora stringeva forte la sua macchinina blu. Nessuno si accorse di nulla. Ovunque regnava uno spaventoso silenzio.

La stessa mattina Sara, sua madre, fece uno di quei sogni, quelli che la sveglia è una campana in lontananza. Nel sogno lei si sporge dalla finestra per trovare il campanile ma non ci riesce. Vede solo i tetti rossi delle case e le pietre grigie dei muri, vede le finestre chiuse e vasi di fiori ormai appassiti, ma del campanile non v’è traccia. Sente il vociare della gente per strada e allora guarda in basso, ma non c’è nessuno. L’altezza le dà una lieve vertigine, e qui si sveglia.
C’è la colazione dei bambini da preparare e poi Giovannina non ha chiuso occhio tutta la notte. Può rimanere a letto ancora dieci minuti, il tempo che Giorgio impiega a fare una doccia, poi arriverà in camera e, come un pensiero a voce alta, dirà “Avrei proprio bisogno di un caffè forte” ma senza chiedere di prepararlo. Giorgio non chiede mai nulla.
Sara si immerge ancora nel piumone e si gira verso il balcone. Lascia solo un piccolo spazio per gli occhi, e fissa il vetro lucido dietro al nero delle serrande. Chiude gli occhi per qualche secondo e sente l’aria entrare di prepotenza dagli spifferi delle finestre. Poi sente la porta aprirsi e una finestra del bagno sbattere con forza. Giorgio entra con un asciugamano attorno alla vita e i capelli ancora bagnati.
– Finalmente ha smesso di piangere. Ci sono giorni che farla smettere è impossibile, – dice lui mentre prende un paio di calzini dal comodino. – Ma sei sveglia? Oggi è una giornata stupenda.
Lei rimane con gli occhi chiusi, anche se lui non può vederla, e finge di dormire.
– Non c’è neanche una nuvola. Deve aver tirato vento tutta la notte. – dice lui. Poi si guarda allo specchio e vede un piccolo strato di grasso accumulato attorno alla vita. – Dovrei tornare in palestra – mormora tra sé e poi sbuffa. – Ah, oggi con un bel caffè si tira avanti tutta la mattina.
MagrittePreuvedusommeil– Si sente dagli spifferi. – dice lei.
– Ah, ma allora sei sveglia.
– Si sente dagli spifferi che c’è vento. Dovresti chiudere la finestra del bagno. L’ho sentita sbattere.
– È chiusa, ho fatto ora la doccia. Dai, alzati che è già tardi. – dice lui e le poggia le labbra sulla guancia.
Dal corridoio si sente Giovannina piangere di nuovo. Piange e grida qualcosa, in quel disperato vocabolario che posseggono solo i bambini molto piccoli.

 

– Non hai sentito il campanello?
– Hai suonato?
– Secondo te se ti chiedo perché non mi hai aperto, non ho suonato? – e intanto lui le ha risposto qualcosa parlandole sopra. Lei dice – Cosa?
E lui: – C’è la TV accesa.
Lei appoggia le buste della spesa sul tavolo e inizia a mettere ogni cosa al suo posto, cominciando dal cibo da sistemare nel congelatore, sbuffa e ancora non si è tolta la giacca.
– Hai visto il mio cellulare? – dice lui come se non avesse sentito.
– Che cosa? Abbassa il volume, non si capisce niente.
Lui si alza dal divano, come se si fosse improvvisamente ricordato qualcosa di importante, le passa accanto e va verso la camera da letto.
Lei dice: – E tu dici che vuoi lavorare di meno perché non hai mai tempo per te e ti metti a guardare la televisione?
– Non guardo la televisione, – fa lui dall’altra stanza – C’era quel film. E poi mi sto vestendo. Ora esco.
– E dove dovresti andare?
– Ho parecchie commissioni da fare.
John-Lee_Kitchen-Painting_wr– Ah, parecchie commissioni, – dice lei, o forse lo pensa soltanto. Intanto sta buttando una confezione ancora integra di carne macinata e una decina di zucchine ammuffite, abbandonate al fondo del frigorifero. Capita tutti i giorni perché è ancora così, l’abitudine di fare la spesa per una famiglia intera.
Lui nel frattempo si veste: pantaloni di velluto a coste verdi, camicia a righe blu e cintura marrone. Si guarda allo specchio e non si piace – No, proprio non va, – ripete tra sé e fa una smorfia.
Lei urla: – E tra le commissioni che devi fare vedi di passare a prendere tua figlia a scuola. Sempre se ti interessa ancora avere una figlia.
Lui intanto sta scegliendo un altro pantalone, pensa che quello blu sia troppo elegante, e quello beige troppo ordinario. “Sei proprio un borghese”, gli avrebbe detto lei un tempo, e poi si sarebbe messa a ridere.
Lei sta tornando dal bagno con un tubo di cartone di carta igienica tra le mani, si affaccia alla porta e dice: – Mi hai sentito?
– Ma sì. Va bene, passo io.
Lei va via alzando le spalle, come per dire “Mi sembra il minimo”.
Lui si guarda di nuovo allo specchio, quello in cui ci si vede solo per metà. La camicia è stropicciata e borbotta tra sé – Ci vorrebbe proprio una botta di ferro – forse spera che lei lo senta, ma lo dice talmente piano che non si sente neppure da solo.
– E quando pensi di tornare? – gli grida lei dalla cucina.
Lui non risponde.
– Non cambia niente con questo part-time, insomma. Solo, abbiamo meno soldi.
– Ma perché devi tirare fuori la questione dei soldi, adesso? Hai bisogno di più soldi?
– Certo, farebbero comodo.
Lui ha finito di vestirsi e torna nel tinello a cercare il cellulare: – Comodo per cosa? Per i tuoi stupidi vestiti?
– Ah sì, davvero. Sono proprio una donna stupida.
– Non ho detto che sei stupida, ma che potresti spendere i soldi in maniera… E poi continui a comprare cibo per un reggimento.
Lei tira fuori una cipolla dallo scaffale e inizia a sbucciarla, le scivola dalle mani e cade nella spazzatura: – Certo, così quando serve qualcosa non si trova mai, – dice, mentre infila le mani nel secchio.
E lui insiste: – Basterebbe andare al supermercato senza svaligiarlo ogni volta, – e tira su i cuscini del divano, senza pensare che mai, neppure una volta, ha trovato il suo cellulare lì in mezzo.
– Ma cosa cerchi?
– Il cellulare, mi serve.
Lei stringe il coltello tra le mani e taglia, con rancore, la cipolla.
– Guarda nel cappotto.
– Ma sì, ho guardato.
– Guarda meglio.
Lei si appoggia al piano del lavandino e prende un respiro profondo, l’odore della cipolla le fa fare una smorfia e strizza gli occhi.
– Giorgio, voglio un bambino. Un nuovo bambino.
– Cosa? Ma dov’è il telecomando?

Di Elisa Botticella, su “Atti impuri” si può leggere anche Il pescatore, racconto segnalato con una menzione al Concorso letterario “Racconti impuri” organizzato con l’Informagiovani del Comune di Torino nell’aprile 2012.