Lombrichi
di Enrico Carovani

Rimani centrato mi fa Alessandro,
rimani nel tuo, io sono quello, tu
sei quello, ripeti questa formula.
Quando ti apri dico io la vita accelera
all’esasperazione, esasperabile a piacere,
da clown assumi dopo i tratti di un hegel
da legno severo, da punizione corporale.
Il dardo si materializza bevuto un caffè
slavato di cameriera con cui non comunico,
non riesco a ordinarle ciò che voglio, mai,
non sono capace a ordinare, a lei, a Claire.
Formano un trio, Claire, Chiara e Klara,
e forse mi confondono, studiano assieme,
lavorano a fasi alterne alla Kantina di Hugo.
Dimenticato a casa il cellulare, come vipera
lo stringe tra le mani, mentre bimba gioca,
la padrona amara dei miei mesi invernali.

…Questo mi fa schifo come te, sparisci…
Anzi …scrivi, scrivi tutto, e vattene!
Oppure…non c’è fine alla tua falsità?
O anche… non ti voglio mai più vedere.

Posa quasi lancia l’aggeggio e si volta,
agìta dai sogni della notte precedente
in cui la missione era semplice colpire –
non essere colpita, come nei giochini,
fra sole donne, armate fin sopra la testa.
automi della vendetta che si fan seguire
di corsa a sottolineare una sua indifferenza.
Questione strategica, pianificatrici eccelse
le innamorate del secolo che è giunto.
Quale bisogno c’era di una lettura del mio
contatore impazzito di rapporti?
Avevi forse un manco di fantasia, volevi
il nome giusto per la retata il giorno
della festa di fine estate nel cortile?
Ti va bene Fanny, suona bene abbastanza?
Mi nausea solo averne lasciati troppi
in giro, non aver concesso un volto solo
alle tue fantasie allagate di veleno.
Dove stai andando, automa disperato,
cosa metti in scena mentre la piccola
sorride agli sconosciuti?
Mi ha intuito correre contro le tue scie
cosí nel raptus e mi rivede dalle grate
serena su elefante a dondolo di plastica.
Mi si è sparso su quei fulminei abbozzi
carnali un chiaro bisogno di maledizione
a ricacciare da amata delusa il mio strumento
nelle fogne, nei riflussi del canale, la soluzione
                                                 ultima, la castrazione.
Non c’è stato fra gli ultimi un giorno solo
in cui le nostre opinioni producessero calore.
I colpi massacranti della non comunicazione
assestano come in un progettoradicale fratture
precise lungo la colonna vertebrale di libido
                                                   in costruzione.
Potrei tornare da qualche trincea immaginaria
e vederci un vietnam personale, ist das aber doof.
Non c’è una soglia di sofferenza oltre la quale si possa
poi manifestare un ultimo fronte di comprensione?
Quale coniglio ammalato devo tirare fuori
da questo mio cilindro a falde stracciate?
Tu vuoi fare di me un lombrico si sente dire da
Mastroianni a metà Dolce Vita, ideale di mantide
onnivora che ha sostituito le fiamme di Didone.
La pozzanghera presa di mira da Marlene mescola
foglie a filame stagnante da giorni.
Le dita minuscole dragano l’incavo del mattone.
Se le vorrebbe portare alla bocca e sa estremamente
bene che quell’acqua somiglia molto a suo padre.