Claude Cahun, Eroine
di Silvia Nugara

Il 25 settembre 2011 si è chiusa a Parigi un’ampia esposizione dedicata alla figura di Claude Cahun (1894-1954), scrittrice e fotografa di cui la casa editrice :duepunti ha appena tradotto, con una postfazione di Roberto Speziale, la raccolta di ritratti Eroine già uscita in Francia nel 2006 per le Editions Mille et une nuits. La pubblicazione di questo libro ci offre la possibilità di entrare in contatto con una figura ancora troppo poco conosciuta in Italia.
Claude Cahun è lo pseudonimo epiceno di Lucy Renée Mathilde Schwob, nata a Nantes il 25 ottobre del 1894. Fu artista poliedrica vicina ai surrealisti di cui condivise la poetica degli oggetti quotidiani e l’ossessione per la dimensione onirica, fantasmatica e mutante dell’immagine corporea. Dedicò la maggior parte del suo cospicuo lavoro fotografico all’elaborazione di forme di autorappresentazione che non contenessero alcun segno distintivo di femminilità o mascolinità con esiti che quasi trascendono l’umano. Visti oggi, i suoi ritratti degli anni Trenta con il cranio e le sopracciglia rasate richiamano alla mente associazioni perturbanti, che anticipano gli orrori dei campi di sterminio e gli esiti delle allora inesistenti cure chemioterapiche.

Cahun fu anche prosatrice, traduttrice del sessuologo Havelock Ellis, collaboratrice della rivista omosessuale Inversions e membro fondatore con Georges Bataille e André Breton del gruppo di teoria rivoluzionaria Contre-Attaque di cui elaborò la maggior parte dei volantini di contro-propaganda. Insieme alla compagna e complice artistica Suzanne Malherbe, alias Marcel Moore, con cui nel 1922 si era trasferita a Parigi, nel 1938 si stabilì sull’isola di Jersey per sfuggire all’antisemitismo. Sfortunatamente, l’isola venne occupata dai nazisti a partire dal 1940.

Già politicamente attiva tra le fila dell’Association des Ecrivains et Artistes Révolutionnaires e aderente poi alla Fédération Internationale de l’Art Indépendant (FIARI), Claude mise in atto con Suzanne una resistenza di stampo surrealista attraverso la distribuzione di manifestini firmati in tedesco “soldato senza nome”, di circolari false, di finte carte segrete. Le due vennero infine denunciate, arrestate, incarcerate e la loro casa fu completamente saccheggiata. La separazione da Suzanne e il duro carcere compromisero la salute di Lucy/Claude che morì nel 1954 mentre Suzanne le sopravvisse fino al 1972.

Eroine è una raccolta di brevi monologhi redatti tra il 1920 e il 1924, in cui figure femminili come Giuditta, la Vergine Maria, Salomé, Saffo, Dalila, Elena di Troia, Penelope o Cenerentola si raccontano fornendo una versione per lo più dissacrante della propria storia. Una parte di questi scritti fu pubblicata nella rivista Le Mercure de France, un’altra ne Le Journal Littéraire nel 1925. L’insieme era poi apparso tradotto in inglese nel libro Inverted Odysseys: Claude Cahun, Maya Deren, Cindy Sherman (1999) a cura di Shelley Rice e nel 2006 nella versione originale curata da François Leperlier, biografo di Cahun. Nel 2002 Leperlier aveva curato il volume degli Ecrits di Cahun in cui figurava già la maggior parte dei testi qui raccolti.

Eroine è un testo emblematico, ricco pastiche di slogan pubblicitari multilingui, di citazioni bibliche e letterarie che permette di accedere all’immaginario di un’artista assai complessa. Ogni brano è illustrato con figure costruite a partire dai segni tipografici della macchina da scrivere, tecnica che adotterà durante la resistenza per corredare alcuni volantini anti-nazisti.

In questi testi, come in tutto il lavoro di Cahun, si rintraccia da una parte la costante profanazione della mistica della femminilità e dall’altra l’elaborazione di una personale mitologia di riferimento identificabile principalmente nella figura dell’androgino. Eroine riflette questa doppia tensione e alla serie degli scanzonati profili femminili, fa seguire un testo intitolato L’androgino. Eroina tra le eroine, in parte già contenuto nell’opera di matrice autobiografica Aveux non avenus (1930) con il titolo Aurige.

Le Eroine alle quali Cahun dedica sedici ritratti sono donne a cui la gloria fu attribuita loro malgrado: Giuditta è una mantide religiosa che decapita Oloferne perché ha appena consumato con lui l’atto sessuale e non può resistere alla voglia di ucciderlo; Penelope rimane fedele a Ulisse solo perché non sa scegliere tra le decine di pretendenti; Maria preferirebbe che suo figlio Gesù si trovasse un lavoro invece di vagabondare per il mondo. Buffe o grottescamente perverse, le Eroine fanno la parodia della retorica della virtù, del sacrificio, del patriottismo come Dalila che pentita dichiara a Sansone: “La tua religione sarà la mia stasera, te lo giuro, per opera del gran sacerdote in persona, di fronte ai nostri popoli riuniti, io, Dalila l’infedele, mi farò CIRCONCIDERE”.

Al suo pantheon femminino Cahun attribuisce perversioni, astuzie, segreti inconfessabili: la Margherita del Faust rimane incinta del fratello, Elena di Troia in realtà era brutta e sognava una casetta alla periferia di Sparta, Cenerentola era una masochista convertita al sadismo per conquistare i favori del principe feticista. Cadono i veli e le figure leggendarie, eroiche, coraggiose si rivelano essere fantocci e simulacri come Saffo che fa credere di essersi suicidata gettando dalla scogliera un pupazzo di stoffa (“è un trucco che funziona sempre al cinema”) o come nel racconto Salomé la scettica in cui a parlare è l’attrice di teatro che impersona la danzatrice assassina. Lo stile biografico di Cahun è perciò più vicino a quello delle Vite immaginarie (1896) scritte dallo zio Marcel Schwob, scrittore simbolista, che all’agiografia tradizionale. Come dichiara ne L’androgino: “Quanto alla verità, devo confessarvelo? Non me ne curo affatto. Non la cerco — la fuggo. Ritengo che in questo consista il mio vero dovere…”. Ed è proprio tradendo la vita che Cahun riesce a gettare luce sui lati oscuri della storia e della mitologia.

L’androgino. Eroina tra le eroine chiude il libro. Si tratta di una collezione di frammenti eterogenei in cui Cahun si trasfigura dietro le sfaccettature sfuggenti de l’Androgino, entità che nega e fonde tra loro maschile e femminile. Decenni prima de L’opoponax di Monique Wittig (1964) e dei liberi slittamenti pronominali della teorica queer Beatriz Preciado, Cahun affronta la sfida linguistica che un’entità neutra pone a lingue come il francese o l’italiano in cui il sistema dei generi è strettamente binario. Per evitare le marche di genere, si serve allora di costruzioni sintattiche prive di pronomi personali, di aggettivi e di participi passati e quando non possono essere evitati, il maschile e il femminile si alternano disinvoltamente. Come scrisse in Aveux non avenus (1930): “Brouiller les cartes. Masculin? féminin? mais ça dépend des cas. Neutre est le seul genre qui me convienne toujours. S’il existait dans notre langue, on n’observerait pas ce flottement de ma pensée. Je serais pour de bon l’abeille ouvrière”. Nonostante i suoi meccanismi vincolanti e proprio in virtù di essi, la lingua può farsi strumento di liberazione e di autogenerazione. Cahun anticipa così gli attuali discorsi anti-identitari in cui la mascherata è un’attività fondamentale e costitutiva della soggettività: “Sous ce masque un autre masque. Je n’en finirai pas de soulever tous ces visages” (collage, 1930).

Claude Cahun è un Narciso ironico il cui fascino ha stregato molti studiosi come dimostra la non trascurabile produzione di articoli teorici sul suo conto. Eppure, le sue opere visive non sono mai state esposte in Italia e i suoi libri fino ad oggi mai tradotti nella nostra lingua. Nonostante ciò, dal 2004 esiste il sito www.claudecahun.org dove Lucia Biolchini raccoglie coordinate preziose e aggiornate per orientarsi nel mondo affascinante e misterioso di Claude Cahun.

Claude Cahun, Eroine, :duepunti edizioni, Palermo 2011, 128 pp., € 12. Titolo originale: Héroïnes. Traduzione e adattamento dal francese di Elena Paul. Postfazione di Roberto Speziale.