Raul Montanari, Il Cristo zen
di Ade Zeno

Non molti anni fa — a occhio e croce una ventina di secoli — un ragazzo dinoccolato e malinconico di nome Gesù fa quatto passi sul Pianeta Terra presentandosi come figlio di Dio: a quanto pare gli è stato affidato il gravoso compito di stabilire con gli uomini una nuova Alleanza. Qualcuno, grazie al provvidenziale supporto della fede, gli crede, qualcun altro no, ma in ogni caso nemmeno il più refrattario tra i sassi può sottrarsi al fascino di una predicazione tanto fresca e sovversiva, nonché, si capisce, a quello — ben più conturbante — di una esemplarmente tragica parabola umana. Insomma stiamo parlando di propulsioni magnetiche così forti da meritare se non proprio venerazioni incondizionate, quantomeno l’attenzione di tutti, perfino degli atei, nessuno escluso. Circa cinquanta decenni prima, in zone geografiche piuttosto distanti da Nazareth, trova invece compimento il percorso di un altro bizzarro figuro, chiamato Gautama Siddharta: si tratta di un principe indiano che dopo un’infanzia e un’adolescenza alquanto agiate decide di mollare tutto per dedicarsi a lunghe meditazioni che in seguito lo porteranno a trasformarsi in Maestro predicante. A differenza del primo frequenta guide spirituali, ha una certa dimestichezza con le autoflagellazioni, non vanta alcun rapporto con entità superiori, e muore intorno agli ottanta suonati dopo aver ingurgitato un boccone avariato. Com’è come non è, l’accidente di entrambi — Gesù Cristo e il Buddha “storico” — sarà quello di fondare un paio di religioni destinate ad avvilupparsi, con alterne fortune, fra le intricate maglie dei millenni futuri: due messaggi in bottiglia accomunati da un’unica dirompenza ma, almeno a prima vista, separati da visioni del mondo che sappiamo sideralmente lontane. Da una parte il magma cristiano che affonda le radici nel sacrificio, nel primato di Dio sull’uomo, e sopratutto nella promessa di un aldilà in grado di dare senso alla vita terrena; dall’altra la teorizzazione dell’impermanenza, del vuoto, dalla sostanziale indistinzione fra ciò che è umano e ciò che non lo è. Eppure, se una sana curiosità senza preconcetti ci spingesse a guardare più in profondità, potremmo estasiarci nello scovare anche evidenti zone di contatto. Ad allargare (o stringere, è lo stesso) lo spettro visivo, ci pensa questo nuovo, lucido e divertentissimo libro di Raul Montanari (Il Cristo zen, Indiana editore, 12 euro, pp.140), indiscusso maestro del post-noir italiano, che dopo averci regalato romanzi indimenticabili (ultimo in ordine di tempo, L’esordiente), si cimenta ora per la prima volta in un’opera in bilico fra saggio e fiction, felicemente ibrida e magistralmente capace di legare l’efficacia dell’argomentazione alla libidine del racconto. Negli atti e nelle parole di Cristo, spiega l’autore, è possibile rintracciare modi e contenuti sorprendentemente simili a quelli del Buddha storico e del pensiero zen: l’insofferenza verso ogni formalismo, ad esempio, così come il ripudio della ricchezza, o l’intransigenza verso la Verità, o il pruriginoso fastidio provato nei confronti di gerarchie, classi sociali, tradizione. La parola chiave, insomma, è anticonformismo. Per comprendere questi inediti parallelismi viene quindi offerta una breve antologia ragionata, e debitamente commentata, di più o meno inflazionati passi evangelici (quarantatre, per l’esattezza), a ciascuno dei quali si affianca di volta in volta un apologo, un dialogo o una riflessione sulla pratica dello Zen. Il confronto, provare per credere, rivelerà coincidenze, quando non addirittura sovrapposizioni, davvero sbalorditive. Tuttavia è forse ancora un altro l’aspetto che colpisce di più, un’intuizione che lo stesso Montanari fa trapelare in controluce, giusto un accenno, una specie di nota a margine che però spiana la strada a nuove possibili riflessioni: mentre negli apologhi buddisti si sprecano ironie, personaggi sgangherati, bastonate, e situazioni comiche, Gesù non ride mai. In nessuno dei Vangeli canonici l’umanizzante sorriso del Nazareno viene considerato degno di essere esposto. Ecco, alla vitale potenza del messaggio cristiano si accompagna sempre e soltanto un volto costantemente piegato in espressioni di tragica e severa malinconia. Dove sarà andato a nascondersi quel ghigno fresco e liberatorio che possiamo soltanto immaginare? Riusciamo a figurarci il nostro, almeno per sommi capi, ma il suo proprio no. E quello di Dio?

(Articolo uscito sul settimanale Gli Altri il 4 novembre 2011)

Raul Montanari, Il Cristo zen, Indiana, Milano 2011, 135 pp., € 12.