Perché gli scrittori giovani del Nordest non parlano più della realtà?
di Massimiliano Santarossa

Dopo l’intervento di Emanuele Tonon, che accusava gli autori del Nordest di non occuparsi di fabbrica, arriva la risposta di Massimiliano Santarossa, che allarga il discorso. “Perché gli scrittori giovani del Nordest non parlano più della realtà?”, si chiede, e aggiunge: “La nostra è una tradizione di scrittori impegnati, con un maestro come Pasolini”.

massimiliano santarossaIl Veneto e il Friuli hanno una grande tradizione di scrittori impegnati, potenti, che del coraggio hanno fatto inchiostro, portando la denuncia sociale ai massimi livelli. Ricordo su tutti Pier Paolo Pasolini, ma non è l’unico, lui è il maestro, e quindi cito David Maria Turoldo, Pietrantonio Bellina, o i più recenti Pino Roveredo, Marco Paolini anche se lavora tra teatro e scrittura, e l’amico Mauro Corona, e ce ne sarebbero altri… E poi c’è la generazione che ha debuttato negli anni Novanta, vedi Scarpa, Covacich, Villalta, ma loro affrontano altri temi. E comunque non siamo qui per parlare degli scrittori che l’età e l’esperienza già ce l’hanno. Allora mi domando, e i “giovani scrittori”? Quelli che anagraficamente dovrebbero stare sui quarant’anni, magari meno, dove sono? Quali i loro nomi? Pure io come Tonon non vedo scrittori che descrivono la società moderna per denunciarne i mali, intendo scrittori giovani che mettono in gioco la propria biografia, perché è la biografia, o meglio la carne, il vissuto diretto, che in certi casi deve fare letteratura. Il Nordest oggi sta soccombendo sotto i colpi di un’economia divenuta viscerale, da queste parti sta venendo meno il senso stesso del vivere civile, si stanno incrinando i valori che hanno sorretto la società friulana e veneta per secoli. La cronaca se ne occupa a tratti, denuncia e giudica l’avvenimento quotidiano, ma non basta. Dopo la cronaca dovrebbe arrivare la letteratura a raccontare la società, con la lucidità che solo lei può avere, così da consegnare il quotidiano alla storia. E questa forma di letteratura dovrebbe appartenere agli scrittori “giovani”, non tanto perché la giovinezza aiuta a scrivere, ma perché la giovinezza aiuta a vivere appieno la società. Appena letta la “denuncia” di Emanuele Tonon, mi sarebbe piaciuto rispondere che aveva torto. Che no. Che ci sono eccome gli scrittori che narrano la realtà. Invece, proprio perché il mondo editoriale lo frequento da oltre quindici anni dico che Tonon ha ragione. E anzi rilancio. Di chi è la colpa di questa pesantissima assenza? E’ forse della mia generazione che si è impantanata nelle comodità? E’ forse colpa delle nuove tecnologie che allontanano i giovani dal senso critico? E’ forse colpa della scarsa volontà di affontare la gavetta dello scrittore, così lunga e faticosa? O peggio ancora per colpa di “interessi” e “paure” hanno rinunciato ad un ruolo? Sono convinto che di questi tempi ci sia molta paura ad affrontare gli “incubi” della vita reale, siano essi sotto forma di “fabbrica”, oppure di “emarginazione”, o di “precariato”, o di “dipendenze”, ma anche quando l’incubo è il semplice impegno nel sociale, nella politica e via dicendo. Sì, proprio così, ogni impegno nasconde un “incubo”, e gli scrittori giovani sembrano fuggire dagli “incubi”, chiudendosi spesso la possibilità di esordire. Comunque, visto che posso benissimo sbagliare, alzo la voce e dico: “se qui a Nordest c’è uno scrittore ‘giovane’, capace di narrare e sviscerare la società attuale perché la vive, batta un colpo. Abbiamo bisogno anche di te!”

da: http://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/massimiliano_santarossa191209.html